La morte era stata terribile: si era schiantato contro una forca retrattile di un carro attrezzi, che aveva penetrato la sua Renault Mégane come se fosse una lama, senza dargli alcuna possibilità di salvarsi. Fulvio Maiorca, un pubblicitario di Palermo di 54 anni, aveva perso la vita così, lungo l’A19 nei pressi di Bagheria, nel pomeriggio del 9 settembre 2014. Dopo un lungo iter giudiziario di dieci anni, che aveva visto sotto processo per omicidio colposo sia Angelo Montalto, il conducente del carro attrezzi, sia la proprietaria del mezzo, Carmela Basile, entrambi sono stati assolti con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
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Incidente mortale sull’A19: due imputati per omicidio colposo
La sentenza, che ha accolto le argomentazioni degli avvocati difensori Marco Di Maria e Pierluca Orifici, è stata pronunciata dal giudice del tribunale monocratico di Termini Imerese, Alessandro Quattrocchi. Alla fine del processo, la stessa Procura, che aveva richiesto il rinvio a giudizio dei due il 13 giugno 2019, ha chiesto l’assoluzione. La famiglia della vittima, che si era costituita parte civile tramite uno studio legale (Studio 3A), ha poi deciso di rinunciare.
Le due versioni sulla causa dell’incidente a confronto Inizialmente, secondo una consulenza del pm, si sosteneva che la responsabilità dell’incidente fosse da attribuire alla cattiva manovra della forca del carro attrezzi, che avrebbe contribuito in modo determinante alla morte di Maiorca. Dopo dieci anni, però, il giudice ha stabilito che la responsabilità del sinistro fosse da attribuire unicamente alla condotta imprudente della vittima, che stava guidando a una velocità eccessiva, non indossava la cintura di sicurezza e non tentava di frenare per evitare l’impatto fatale. È stata anche considerata la possibilità che Maiorca fosse distratto: nella sua auto era infatti stato trovato un tablet acceso e connesso a internet.
La dinamica dell’incidente e la posizione della Procura
Al momento dell’incidente sull’autostrada in direzione di Palermo, si era verificato un altro sinistro più avanti. Il traffico era notevolmente rallentato e il carro attrezzi guidato da Montalto era fermo, con le 4 frecce accese, quando Maiorca – a una velocità compresa tra i 46 e i 90 chilometri orari – si è scontrato con il mezzo di soccorso, il cui conducente e la proprietaria erano stati incredibilmente accusati.
Il consulente della Procura aveva riconosciuto “la guida poco attenta di Maiorca” in condizioni di traffico rallentato, ma aveva anche attribuito parte della responsabilità all’omessa assicurazione della forca retrattile sul carro attrezzi. Inoltre, secondo l’esperto, la forca avrebbe dovuto essere sottoposta a collaudo, cosa che non era avvenuta.
Gli imputati avevano a loro volta nominato un consulente che aveva tratto conclusioni completamente diverse: “Le gravi conseguenze dell’incidente sono da attribuire esclusivamente alla violenza dell’impatto della Mégane” contro il carro attrezzi fermo e “alla negligenza di Maiorca, che non si era accorto dell’incolonnamento di auto ferme, nonostante la buona visibilità, dato che non erano state trovate tracce di frenata“. Questo avrebbe potuto essere causato da un malore, un colpo di sonno o una grave distrazione legata all’utilizzo del tablet rinvenuto sul sedile dell’auto, acceso e connesso a internet. In ogni caso, si sosteneva che la forca fosse in regola e che, anche se non lo fosse stata, l’impatto avrebbe comunque avuto conseguenze fatali per Maiorca.
Un altro esperto della difesa ha inoltre stabilito che “la velocità d’impatto era di 90 chilometri orari” e che non vi era responsabilità per Montalto, che “alla vista del traffico fermo aveva attivato le 4 frecce, i lampeggianti ed era rimasto fermo”.
Il giudice ha accolto la versione della difesa degli imputati: “La causa dell’incidente – si legge infatti nella sentenza – è chiaramente da attribuire alla condotta di guida altamente imprudente e negligente della vittima, la quale, nonostante la buona visibilità, non si era accorta dell’incolonnamento di auto e procedeva a una velocità inadeguata alla situazione, senza tentativi di frenata”.
In ogni caso, il giudice ha sottolineato che Maiorca “non indossava la cintura di sicurezza e l’airbag non si era attivato”. Ha evidenziato come “la pubblica accusa non abbia dimostrato, al di là di ogni ragionevole dubbio, che un comportamento alternativo avrebbe potuto salvargli la vita”. E ha aggiunto che, considerando che la vittima guidava a una velocità troppo alta per le condizioni del traffico, “l’evento fatale si sarebbe verificato anche se gli imputati avessero rispettato le norme del codice della strada”. Pertanto, sono arrivate le assoluzioni.