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Open Arms e il Colle: il grande dilemma di Sergio Mattarella

Pubblicato: 20/12/2024 14:40

Abreve è attesa la sentenza sul processo Open Arms, che riguarda il blocco dei migranti operato dal singolo ministro, a differenza di altri provvedimenti collegiali, Matteo Salvini sulla nave della Ong che aveva salvato in mare dei naufraghi in non buone condizioni nel Canale di Sicilia. L’ipotesi di reato contestata a Salvini è sequestro di persona, con l’aggravante delle cattive condizioni di salute di molti migranti. Il pm del processo ha chiesto 6 anni di condanna. Se Salvini venisse condannato, non rischierebbe ai sensi della Severino di perdere il seggio parlamentare, ma l’effetto della sentenza, anche se solo in primo grado, sarebbe deflagrante su almeno due piani. Uno internazionale, il reato è molto grave a livello di percezione pubblica globale, e sicuramente ne parleranno i giornali di mezzo mondo. Il secondo piano è interamente nazionale. Salvini, nel suo carattere e nel suo stile sarebbe tentato di usarlo politicamente, creando delle condizioni di guerra fine di mondo sulla giustizia, su quei magistrati che secondo il teorema Palamara dovevano fermarlo ad ogni costo. In questo caso della questione verrà investito il CSM e soprattutto il suo Presidente, ossia il Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Il quale da un lato presiedendo il Consiglio Superiore deve aprire una pratica a tutela dei magistrati di Palermo, dall’altra è colui che ha nominato il ministro Salvini, su proposta della Meloni. Può il Colle, organo di garanzia, rimanere impassibile ad una condanna per un reato così grave, anche nella percezione estera? 

Cosa farà Mattarella? Si terrà un ministro condannato, seppur in primo grado, per un grave reato? Questo potrebbe costituire un precedente, finora risolto dal senso dello Stato di altri ministri che per fatti contestati meno gravi si sono opportunamente dimessi, evitando imbarazzi alle istituzioni repubblicane. Caso di scuola fu lo scandalo Loockeed che incriminò Gui e Tanassi, il quale si dimise pure da segretario del suo partito,  e portò addirittura alle dimissioni del Presidente della Repubblica Leone. Non riteniamo che Mattarella in caso di guerra aperta di una parte della maggioranza contro la magistratura minacci le dimissioni, ma sicuramente non potrà restare impossibile davanti ad uno scontro del genere e farà più di una semplice moral suasion nei confronti della Meloni. D’altra parte Salvini non ha niente da perdere ormai, e lo scontro finale potrebbe solo procurargli i consensi di una parte del paese che è insofferente ormai a qualunque ordinamento in cui non si riconosce. La sua d’altra parte è una battaglia di minoranza estremizzata, da cui l’accordo con Vannacci. Quanta lega territoriale ed esclusivamente interessata alla questione Nord lo segua è da capire. Ma il centrodestra è un tavolino a tre gambe, se se ne rompe una va giù il tavolo. La Meloni, da cui i toni incredibilmente accesi ad Atreju ed in parlamento, non esclude ormai più di intraprendere il piano B. Il ritorno alle urne.

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