Cristian Gualdi, di 48 anni, e Luca Perazzini, di 42, erano alpinisti esperti e sportivi appassionati, come testimoniato da chi li conosceva. Sono stati trovati senza vita dopo essere scivolati in un canalone mentre si trovavano sul versante aquilano del Gran Sasso durante un’escursione. La causa della loro morte è stata l’ipotermia, provocata da temperature estremamente basse. Nel 2024, si contano già 12 vittime in montagna in Abruzzo, il doppio rispetto all’anno precedente. Ma si poteva evitare questa tragedia?
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Francesco Sulpizio, presidente del Club Alpino Italiano (CAI) Abruzzo, cerca di fare chiarezza sulla situazione in un’intervista al quotidiano Il Messaggero. Sulpizio, esperto del percorso da cui i due alpinisti provenivano, sottolinea che i rischi sono sempre presenti, ma non risparmia critiche: «Noi che conosciamo bene il Gran Sasso, che può cambiare rapidamente, non ci saremmo avventurati».
Sulpizio evidenzia anche l’importanza dell’allerta meteo: «Le informazioni sulle condizioni atmosferiche vengono seguite con attenzione, soprattutto da chi pratica alpinismo seriamente. Quel giorno, l’allerta sarebbe scattata nel pomeriggio, quindi la mattina c’era stata una notevole affluenza sulle montagne, poiché non c’era ancora molta neve. Tuttavia, il cambiamento dei venti ha anticipato l’allerta, creando difficoltà per loro scendendo lungo la direttissima».
Secondo Sulpizio, alpinisti esperti in condizioni di neve impiegherebbero circa tre ore per raggiungere la vetta. I due avrebbero potuto arrivare intorno a mezzogiorno e poi affrontare la discesa. «Abbiamo un punto di riferimento, il Sassone. Chi si dirige verso il Baffile va a destra, mentre chi opta per la direttissima va a sinistra. È probabile che abbiano puntato al Sassone per scendere, ma poi si sono trovati a fronteggiare vento, tempesta di neve e nebbia».
Sulpizio critica l’imprudenza dei due alpinisti, affermando che avrebbero potuto evitare di affrontare la montagna in quelle condizioni: «Non possiamo però condannarli. Purtroppo hanno perso la vita, e se avessero adottato maggiore cautela, forse sarebbero ancora qui. Anche grandi alpinisti come Edmund Hillary e Tenzing Norgay hanno rischiato per conquistare l’Everest. Chi ama la montagna sa che ci sono dei rischi».
Ma c’era una possibilità di salvezza? La risposta non è semplice: «Se avessero scelto di scendere a destra, avrebbero raggiunto il rifugio Garibaldi, ma sfortunatamente hanno preso a sinistra, verso un’area pericolosa, trovandosi su una pendenza ripida e scivolosa, dove potrebbero essere caduti». Secondo Sulpizio, la morte per ipotermia potrebbe essere avvenuta la stessa notte. Anche il soccorso sarebbe stato rischioso: «Le condizioni erano proibitive. La bufera che ha imperversato fino a Natale ha reso impossibile intervenire. I soccorritori, sia del CAI che della Guardia di Finanza, hanno affrontato situazioni estremamente pericolose. Non che non dovessero andare, ma le condizioni erano tali da rendere l’operazione umanamente impossibile».