Forse in tanti lo chiamano ancora “bonus Renzi”, in realtà ora si chiama “bonus Irpef“, e sarebbe il Trattamento integrativo Irpef, un contributo che viene erogato mensilmente fino a un massimo di 1.200 euro all’anno ed è destinato ai lavoratori dipendenti e assimilati. La buona notizia è che ci sarà questo sussidio anche nel 2025, ma vediamo nel dettaglio a chi spetta e come richiederlo. Il bonus è riservato ai lavoratori dipendenti e a chi percepisce redditi a questi assimilati, che appartengono alle seguenti categorie:
– soci lavoratori di cooperative;
– lavoratori in cassa integrazione: CIG ordinaria, CIG straordinaria, CIG in deroga, assegno ordinario ed assegno di solidarietà;
– collaboratori con contratto a progetto o co.co.co;
– stagisti e tirocinanti;
– percettori di borsa di studio, di assegno o premio per studio;
– lavoratori socialmente utili;
– sacerdoti;
– disoccupati in regime di indennità NASpI;
– disoccupati in regime DIS-COLL;
– disoccupati agricoli;
– lavoratrici in maternità per congedo obbligatorio;
– lavoratori in congedo di paternità.
– revisori di società, amministratori comunali e addetti della PA.
Sono esclusi dal beneficio i pensionati, i lavoratori autonomi e chi non raggiunge i requisiti minimi di reddito.
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Il bonus Irpef viene pagato dal datore di lavoro in busta paga con la voce “Trattamento integrativo L. 21/2020”. Come spiega Altroconsumo nella sua guida, il bonus Irpef viene riconosciuto ai lavoratori che non superano un reddito annuo lordo di 28.000 euro, tuttavia, gli importi decrescono al crescere del reddito, in particolare:
– fino a 15 mila euro si ha diritto alla misura massima del bonus se l’imposta lorda è superiore alle detrazioni da lavoro dipendente spettanti, diminuite di 75 euro;
– tra 15 mila euro e 28 mila euro il bonus viene riconosciuto parzialmente;
– oltre i 28 mila euro non si ha diritto al bonus.
Per capire se si ha diritto al bonus e a quanto ammonta bisogna considerare le detrazioni:
– per carichi di famiglia (non l’assegno unico);
– da lavoro dipendente;
– degli interessi sui mutui per acquisto o la costruzione della prima casa;
– per le spese sanitarie;
– per ristrutturazioni edilizie ed efficientamento energetico.
Nel reddito lordo non si conta quello per l’abitazione principale e relative pertinenze, l’assegno di inclusione o il reddito di cittadinanza, l’assegno unico universale e gli assegni familiari.