
Lule è una donna. Anzi no, è una bambina. Nemmeno. Lule è dodici donne. Non ci siamo. Lule è la protagonista di un libro. Ancora no. Lule è tutto questo e niente di ciò perché ogni tentativo di definirla rischierebbe di chiuderla dietro le sbarre di una gabbia semantica che limiterebbe la sua forza narrativa. Allora Lule è una sorta di sinfonia che ora assorda gli occhi del lettore come la Nona di Beethoven, ora invece si fa quasi impercettibile prestandosi a fare da sfondo ad altrui vicende.
È un fil rouge che si dipana lungo i dodici racconti che compongono l’opera prima di Cinzia Mescolini. Racconti brevi ma non piccoli perché nel tempo narrativo di una manciata di pagine l’autrice riesce a toccare temi importanti quali il femminicidio, la violenza di genere, il rapporto conflittuale genitori-figli, il diritto alla genitorialità, l’ipocrisia, l’emarginazione, l’alienazione causata dalla tecnologia. Cinzia Mescolini, da lettrice colta e attenta, gioca con i generi letterari facendo vivere a Lule vicende che potrebbero essere uscite da casi di cronaca fin troppo frequenti o proiettandola in futuri distopici.
Un gioco appunto perché l’autrice non cede mai alla tentazione di scrivere un’opera didascalica, non ci guida per mano alla ricerca di soluzioni definitive ai mali dell’umanità, piuttosto ci indica l’ingresso di una casa degli specchi nella quale non vediamo la nostra immagine deformata e caricaturale ma solamente versioni alternative di noi stessi. Perché Lule è senza dubbio un libro che ha una (molteplice) figura femminile centrale ma non è un libro sulle donne. È un libro di donne.

Vediamo allora Lule gioire per una nuova vita che nasce, disperarsi per un amore finito, ricercare l’approvazione della madre, correre a perdifiato lungo una scogliera… Amore e odio, vita e morte si intrecciano nei racconti che la vedono protagonista o semplice comparsa e Cinzia Mescolini riesce a farci entrare nei suoi mondi con grazia e delicatezza. Si intuisce nella prosa dell’autrice un intenso lavoro di cesellatura, le parole che ci accompagnano nelle vite di Lule rendono interessante e affascinante il racconto senza diventare un abbellimento finalizzato a se stesso.
Lule: un libro generoso
E questo fa di Lule un libro generoso perché Cinzia Mescolini, in controtendenza rispetto all’attuale moda imperante, si mette completamente al servizio della sua creatura, diventa strumento per dare voce alle sue vicende lasciandola libera di respirare, evitando di soffocarla dietro le coltri di avverbi e aggettivi utili soloa soddisfare l’autocompiacimento dello scrittore, riuscendo nel contempo a creare una prosa densa di armonia in cui traspare l’amore per la parola.
Un libro di armonici contrasti quindi, in cui l’antico mestiere dell’autrice scolpisce un’eroina contemporanea che, a seconda delle occasioni, veste i panni di vittima o carnefice e che supera il classico dualismo protagonista-buono/antagonista-cattivo. Nelle anime di Lule infatti non sembra esserci spazio per la condanna, anche quando è costretta a subire violenze terribili, non c’è però neanche spazio per l’autoassoluzione quando è lei a cedere all’egoismo. Ed è questa la cifra peculiare di una protagonista che incarna per contrasto pienamente lo spirito del nostro tempo.
In un’epoca in cui ci sentiamo quasi costretti a prender posizione su qualsiasi argomento, anche se ne sappiamo poco o nulla, in cui dobbiamo essere sempre presenti e visibili, nella vita reale e virtuale, Lule sceglie di vivere la propria vita senza imporsi e senza manie di protagonismo riuscendo comunque a essere il fulcro delle vicende narrate anche quando il suo è solamente un nome appena evocato.
Storie lunghe un caffè le definisce Cinzia Mescolini stessa ma non bisogna lasciarsi ingannare, forse ogni racconto di Lule si legge effettivamente nel tempo d’un espresso però, a ben pensarci, quante riflessioni nascono sorseggiando una tazzina di caffè?