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Veneto, Zaia pronto a correre da solo: ora la palla passa a Salvini

Pubblicato: 15/01/2025 10:17

La partita politica in Veneto, che coinvolge la Lega, Fratelli d’Italia e gli equilibri della coalizione di centrodestra, si sta trasformando in uno scontro dalla portata imprevedibile per il futuro del partito di Matteo Salvini, e anche in un pericolo potenziale per la coesione del governo. Luca Zaia, governatore della Ragione veneta, sembra pronto a correre da solo. E tutti aspettano le mosse del segretario, che si trova in una situazione delicata.

Una sfida “di vita o di morte”

La possibilità che la Lega possa perdere il Veneto, storica roccaforte del suo autonomismo, ha fatto emergere tensioni profonde. Luca Zaia, governatore della Regione, ha assunto una posizione netta contro l’ipotesi di cedere la candidatura al governatore indicato da Fratelli d’Italia. Per la classe dirigente leghista veneta, un simile scenario rappresenterebbe una sorta di fine politica. Attualmente, la Lega conta 40 consiglieri regionali, grazie anche alla lista Zaia, che alle ultime elezioni ha raccolto oltre il 44% dei voti.

Secondo alcune analisi interne, mantenendo una percentuale tra il 40% e il 43%, la Lega potrebbe ottenere 30 seggi con il premio di maggioranza, lasciando agli alleati (FdI e FI) e alle opposizioni (Pd) numeri ben più contenuti. Cedere il Veneto invece potrebbe innescare un effetto domino devastante.

Il rischio Lombardia e l’effetto Meloni

Non è solo il Veneto a preoccupare. La Lombardia, altra roccaforte leghista, potrebbe subire ulteriori scosse. Salvini ha già affrontato difficoltà nel congresso lombardo e, secondo molti, perdere il Veneto significherebbe rinunciare anche alla Lombardia. Un deputato lombardo ha commentato amaramente: «Che cosa è una Lega senza il Veneto e senza la Lombardia?».

In molti accusano Salvini di non aver fatto abbastanza per difendere il terzo mandato dei governatori, un tema fondamentale per mantenere il controllo del territorio. Inoltre, c’è chi sospetta che Giorgia Meloni possa mirare a destabilizzare ulteriormente la Lega.

Congresso, simboli e tensioni interne

Nel frattempo, il clima interno al partito resta tesissimo. Salvini chiederà la conferma alla guida della Lega durante il congresso previsto a marzo, ma la base è in fermento. Tra le voci che circolano vi è quella di un possibile cambio di nome del partito, con l’abbandono della dicitura “Salvini premier”. Fonti vicine al segretario negano categoricamente questa ipotesi.

Nel frattempo, lo scorso 9 gennaio, l’Ufficio brevetti e marchi ha approvato la registrazione del logo storico della Lega con l’immagine di Alberto da Giussano, con e senza il riferimento a Salvini. Questo garantisce al segretario il controllo esclusivo sui simboli del partito.

La partita per il Veneto non rappresenta solo un braccio di ferro locale, ma una prova di forza che potrebbe ridefinire i destini della Lega e degli equilibri politici nazionali. Salvini, ora più che mai, si trova di fronte a un bivio che potrebbe determinare il suo futuro politico e quello del partito che guida.

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