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Neonata rapita, il racconto della madre: “C’era il delirio, mi hanno dovuta sedare”

Pubblicato: 23/01/2025 09:52

Cosenza, la mamma della neonata rapita: “Non la lascerò mai più”

Davanti alla stanza numero 16 della clinica Sacro Cuore a Cosenza, un fiocco rosa annuncia il ritorno di Sofia, la neonata rapita poche ore dopo la nascita e ritrovata dalla polizia. Dentro quella stanza, sua madre, Valeria Chiappetta, la stringe al petto, quasi a voler cancellare l’incubo vissuto. Accanto a lei, il marito Federico, il loro primogenito Alessandro di quattro anni e i familiari che in queste ore non l’hanno mai lasciata sola.

L’incubo del rapimento

Il 20 gennaio sarebbe dovuto essere solo un giorno di gioia per Valeria e Federico, la nascita della loro seconda figlia. Ma il 21 gennaio si è trasformato in un incubo.

«Quando ho capito che l’avevano portata via, ho aperto la finestra e ho guardato giù. Non so nemmeno cosa volessi fare. In quel momento mi sono sentita morire», racconta Valeria, ancora incredula.

Tutto è iniziato quando una donna, Rosa Vespa, 51 anni, si è presentata nella stanza dicendo di essere una puericultrice incaricata di pulire la bambina. «Noi le abbiamo detto che Sofia era stata cambiata, ma lei ha insistito, dicendo che doveva farlo comunque. Così gliel’abbiamo data», racconta Federico.

Passano venti minuti e la donna non torna. «Mi sono agitata subito, mia madre aveva già avuto un brutto presentimento», dice Valeria. Quando il personale della clinica si rende conto che qualcosa non va, scatta l’allarme.

«Ero fuori di me, mio figlio Alessandro continuava a chiedere perché non riportassero la sorellina. Hanno dovuto sedarmi, non sentivo nemmeno più il dolore dei punti del cesareo. Il 21 gennaio sarà per sempre il giorno in cui sono morta e rinata».

Il ritrovamento e il sollievo

Dopo tre ore di angoscia, arriva la telefonata decisiva della polizia: Sofia è stata ritrovata e sta bene.

«Ho ricominciato a respirare. In venti minuti me l’hanno riportata con un’ambulanza. Ho sentito la sirena e ho subito detto: “È lei”».

Quando i poliziotti riconsegnano la bambina alla madre, Sofia non indossa più la sua tutina rosa, ma una nuova, di colore azzurro. «Non ho voluto indietro nulla di quelle ore. Ho solo baciato mia figlia e l’hanno portata in ospedale per i controlli».

Un racconto da fare, ma solo quando sarà il momento

Valeria e Federico hanno già deciso che racconteranno a Sofia la sua storia, ma solo quando sarà abbastanza grande per capirla. «Glielo dirò quando avrà 18 anni. Ora questo ricordo deve essere cancellato».

Intanto, nel cuore della madre, il trauma resterà indelebile. «Sul mio polso sinistro ho tatuato il 16, il giorno della nascita di Alessandro. Appena potrò, sull’altro tatuerò il 20, il giorno di Sofia. Il 21 gennaio invece resterà scolpito nel mio cuore».

Valeria ricorda anche una poliziotta che l’ha sostenuta in quei momenti drammatici. «Mi ha abbracciata e poi mi ha regalato il suo cappellino e il foulard della polizia. A lei ho chiesto di promettermi che i rapitori non usciranno mai dal carcere, che non me li vedrò più davanti».

La sicurezza nella clinica: “Chiunque può entrare ed uscire”

Dopo il rapimento, emergono dubbi sulla sicurezza della clinica. Federico denuncia una situazione allarmante: «Da qui entra ed esce chiunque. Non c’è nessuno che controlla, né all’ingresso né all’uscita».

Le indagini proseguono, mentre Rosa Vespa e il marito Acqua Moses, arrestati per il sequestro, restano in carcere in attesa della convalida del fermo. Secondo gli investigatori, la donna avrebbe finto per mesi una gravidanza, arrivando persino ad annunciare sui social la nascita di un bambino di nome “Ansel”.

Oggi, però, per Valeria e Federico la paura lascia spazio alla felicità. Sofia è di nuovo con loro, al sicuro. E per la loro famiglia, finalmente, può cominciare un nuovo capitolo.

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