
Le recenti polemiche sulla vicinanza tra Donald Trump e i CEO delle maggiori aziende tecnologiche statunitensi sono state definite un “normale riposizionamento” da Federico Rampini, editorialista de Il Corriere della Sera. Durante la trasmissione Piazzapulita, condotta da Corrado Formigli su La 7, Rampini ha analizzato il fenomeno, ridimensionandone la portata.
Leggi anche: Del Debbio, l’ospite immigrato: “Perché ho un pregiudizio sulla polizia italiana”. Caos in studio
Rampini: “Un riposizionamento già visto con Biden”
Alla domanda del conduttore, “Questi qua da Trump cosa vogliono e cosa danno a Trump?”, Rampini ha risposto sottolineando come i Big Tech fossero schierati con Joe Biden quattro anni fa: “Erano tutti schierati dall’altra parte, e nessuno ci trovava nulla di strano. Adesso hanno fatto il cambio, sono saltati sul carro del vincitore. È normale”. Il giornalista ha poi ricordato come Kamala Harris abbia costruito la sua carriera politica con il supporto economico della Silicon Valley, definendola “una creatura politica dei Big Tech”.
Il video dell’intervento di Rampini
Più critico il commento di Tito Boeri, che ha evidenziato come Trump abbia rinnegato gli accordi sottoscritti dagli Stati Uniti sulla Minimum Global Tax e attaccato l’Europa per le sue sanzioni contro i giganti del web: “Ha chiesto apertamente alla Commissione Europea, con toni molto aggressivi, di rimuovere queste sanzioni”.
Formigli chiede a Rampini cosa vogliano questi ricchi in prima fila da Trump. In meno di 40 secondi, la risposta di Rampini zittisce e gela lo studio.
— Davide Scifo (@strange_days_82) January 24, 2025
🏅👏👏👏👏👏👏#24gennaio #Piazzapulita #Biden #Boeri #Rampini #Trump #USA #dazi #Musk #Zuckerberg @FedericoRampini pic.twitter.com/y2gIpAm2jc
Musk e il “salto di qualità”
Formigli ha sottolineato un aspetto particolare di questa amministrazione: la presenza di Elon Musk ai comizi e il suo ruolo attivo nella Casa Bianca per razionalizzare la spesa pubblica, elemento assente nelle precedenti amministrazioni. Rampini, però, ha ricordato che anche in passato i presidenti democratici hanno collaborato con grandi imprenditori, citando l’esempio di Barack Obama e Bill Clinton: “Clinton aveva messo a dirigere il Ministero del Tesoro il capo di Goldman Sachs, Robert Rubin, con conseguenze disastrose, come la crisi del 2008”. L’analisi di Rampini si chiude con un invito a guardare al fenomeno come a un ciclo politico consueto, dove i grandi imprenditori si avvicinano al potere, indipendentemente dal colore politico dell’amministrazione.