
Matteo Salvini rilancia un’idea che richiama le mosse di Trump, proponendo l’uscita dell’Italia dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). L’iniziativa, presentata giovedì mattina al Senato dai parlamentari leghisti Claudio Borghi e Alberto Bagnai, ha trovato però una reazione tiepida tra gli alleati di governo.
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La proposta della Lega
Il disegno di legge punta all’abrogazione del decreto legislativo del 1947 che lega l’Italia all’Oms. Salvini, attraverso i social, ha spiegato la posizione del suo partito: “L’Italia non deve più avere a che fare con un centro di potere sovranazionale – profumatamente finanziato dai contribuenti italiani – che va a braccetto con le multinazionali del farmaco. Usiamo quei 100 milioni per sostenere i malati in Italia e finanziare i nostri ospedali e medici!”. Secondo Borghi, il testo del provvedimento è aperto al dialogo: “Penso che questa proposta debba essere condivisa anche dalle opposizioni”.

La risposta degli alleati di governo
La proposta non ha ricevuto grande supporto nemmeno all’interno della maggioranza. Il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli, ha definito l’idea “un passo troppo azzardato”. Gli ha fatto eco Ugo Cappellacci, presidente della Commissione Salute della Camera, sottolineando che l’uscita dall’Oms rappresenterebbe “un rischio per l’approccio integrato alla salute”. Anche in Fratelli d’Italia, molti parlamentari hanno espresso perplessità. Secondo l’AdnKronos, alcuni esponenti ritengono che un’iniziativa del genere “lasci campo libero alla Cina all’interno dell’Oms”.
La posizione della Lega
Nonostante le critiche, la Lega insiste. Per il partito di Salvini, l’Oms è uno “stipendificio inutile agli interessi nazionali”. Roberto Vannacci, eurodeputato leghista, ha criticato l’organizzazione definendola “tecnoburocratica” e accusandola di aver dimostrato scarsa prontezza e trasparenza, soprattutto durante la gestione della pandemia da Covid. Il dibattito resta aperto, ma l’idea di sganciarsi dall’Oms sembra lontana dal trovare un consenso trasversale all’interno del Parlamento e della stessa maggioranza.