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Invecchiare in Italia non è semplice: pochi posti letto e uno Stato che non aiuta

Pubblicato: 28/01/2025 17:10

Mentre i nati per coppia nel nostro Paese si riducono di anno in anno e la decrescita demografica è limitata solo dall’arrivo di cittadini extracomunitari, il numero degli anziani over 70 continua inarrestabilmente a salire: per fortuna, ovviamente. Negli ultimi due decenni le migliori condizioni sociali hanno consentito un aumento di oltre 6 anni dell’aspettativa di vita media. In questo periodo, gli anziani over 65 sono cresciuti di oltre 3 milioni e sono a oggi più di 14 milioni. I centenari in Italia – segnala l’Istat – sono aumentati del 30% negli ultimi dieci anni, arrivando a toccare quota 22.552.

Con l’aumento di aspettativa di vita è cresciuto anche il numero dei non autosufficienti con disabilità fisiche o cognitive, che richiedono assistenza domiciliare o l’ingresso nelle Rsa. Un mondo, quest’ultimo, dove si è ampliamente sviluppato l’intervento di grossi gruppi privati: i principali in Italia sono Kos Care, controllato dalla Cir dei De Benedetti e dal fondo F2i, Sereni Orizzonti di proprietà di Massimo Blasoni e le filiali italiane delle due multinazionali francesi Korian ed Emeis (già Orpea).

Massimo Blasoni, Sereni Orizzonti

Leader nel settore senior care, come dicevamo, è Kos, che con il marchio Anni Azzurri gestisce non solo residenze per anziani, ma anche centri di riabilitazione, ambulatori e ospedali. Per quanto riguarda le Rsa, conta 6.200 posti letto, prevalentemente nelle regioni del Nord. Segue, in grande crescita, il gruppo friulano Sereni Orizzonti con 91 strutture e 6.000 posti letto in Italia (sono presenti anche in Spagna) e un’offerta che comprende non solo la residenzialità per anziani, ma anche comunità psichiatriche e minori. Dopo la francese Korian, ecco il gruppo lombardo Gheron e quello toscano La Villa (partecipato dalla francese Maisons de Famille), rispettivamente con 3.400 e 2.200 posti letto.

I numeri però sono in costante crescita per tutti i gruppi profit, spesso criticati dalle associazioni che rappresentano le residenze pubbliche e del terzo settore. «Mancano posti letto ed è necessario investire» sostiene Massimo Blasoni, fondatore e proprietario di Sereni Orizzonti. «Lo fanno i privati poiché le risorse pubbliche per realizzare nuove residenze latitano. Sereni Orizzonti ha in corso la realizzazione di 20 nuove Rsa nel quinquennio, con un investimento di 200 milioni. L’assistenza domiciliare non può coprire le esigenze degli anziani con una severa non autosufficienza, perché gli accessi presso le abitazioni degli anziani sono limitati e non certo H24, e le badanti sono utilissime ma quasi sempre senza alcun tipo di formazione sanitaria. Di qui l’esigenza della Rsa; il punto è che va superata la babele di normative regionali e le residenze necessitano di essere costruite secondo standard qualitativi elevati, nonché belle e accoglienti».

In effetti molte residenze sia pubbliche che private sono vetuste e non sempre in grado di garantire un’alta qualità agli anziani. È per questo che tutti gli operatori puntano a realizzazioni più green ed ecosostenibili. I cosiddetti princìpi Esg – cioè l’attenzione nei confronti di sostenibilità, impatto ambientale, sociale e di governance – diventano la dominante per chi vuole crescere e realizzare nuove Rsa. Attualmente sul territorio nazionale, secondo dati Istat, sono attivi 12.576 presidi residenziali per un ammontare di circa 414mila posti letto, ovvero 7 ogni mille persone residenti. Il divario è profondo tra le diverse zone d’Italia, passando da 10 posti letto ogni mille abitanti del Nord, a 3 nel Sud Italia, coprendo quindi solo l’11% del fabbisogno complessivo.

Resta però in primo piano il tema dei costi. Le rette variano da 80 a 120 euro giornalieri e non tutti gli ospiti hanno diritto al contributo pubblico, che attraverso l’intervento di Asl e Comuni – con criteri e importi assolutamente variegati nelle Regioni – non copre di norma più del 50% dell’importo, tanto che cresce il libero mercato completamente a carico delle famiglie. Costi difficilmente sostenibili, a cui rispondere attraverso l’incremento della contribuzione pubblica (come sostengono in prevalenza associazioni di familiari e sindacati) oppure attraverso la previdenza integrativa. «In Germania – ci ricorda ancora Blasoni – tutti gli anziani hanno una sorta di pensione di non autosufficienza. Questa può essere promossa da assicurazioni private su base volontaria o altrimenti pubblica, obbligatoria e a ripartizione: certo si tratta di un accantonamento da fare negli anni lavorativi, ma garantisce l’anziano ed evita che siano le famiglie a dover sopportare in toto un onere effettivamente molto alto».

Un altro tema molto caldo nel settore è la difficoltà nel reperimento di figure come operatori socio-sanitari (oss) e infermieri: il numero dei diplomati non è sufficiente e per molti lavorare nelle case di riposo non è attrattivo. Le soluzioni in campo per risolvere la mancanza cronica di personale socio-sanitario vanno dall’aumento degli stipendi richiesto dai sindacati (con il rischio però di far ricadere i costi sulle rette alle famiglie) all’impiego di personale straniero. Tuttavia, quest’ultima soluzione non è sempre agevole per la difficoltà del riconoscimento dei titoli ed è talvolta osteggiata dagli Ordini professionali. Forse manca una miglior programmazione dei corsi universitari: intanto il numero degli anziani continua a crescere. Dobbiamo evitare un paradosso italiano: un Paese che primeggia nella longevità ma rischia di non avere un modello pienamente adeguato di presa in carico dell’anziano e dei costi dell’assistenza.

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