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Parla l’uomo di Putin: “Zelensky guidato dagli 007 inglesi, per la pace serve dialogo fra pari”

Pubblicato: 28/01/2025 09:53

Andrey Klimov, senatore di Russia Unita e collaboratore storico di Vladimir Putin, in un’intervista sul Corriere della Sera ha parlato della guerra in Ucraina e dell’atteggiamento delle potenze occidentali. “L’assenza di nuove sanzioni in questa prima fase della presidenza Trump è già un passo avanti”, dice l’uomo di Putin, “visto come stanno andando le cose con il resto del mondo”.

Klimov, vicepresidente della commissione Esteri del Consiglio di Federazione e presidente della commissione per la Protezione della sovranità russa, commenta con spirito, ma non nasconde le difficoltà derivanti da un clima di costante di tensione geopolitica.

Le condizioni per la pace

“Le condizioni per la pace? Mi stupisce sempre questa domanda. Lo sapete già, cosa vogliamo. Lo ha detto in modo chiaro Putin lo scorso giugno”, dichiara Klimov. Le condizioni di Mosca restano immutate: un’Ucraina neutrale, non allineata, smilitarizzata, denazificata e priva di armi nucleari, insieme al riconoscimento della perdita del 15% del territorio ucraino occupato.

“In queste condizioni di turbolenza, il rafforzamento della sovranità della Russia è una priorità assoluta”, afferma, precisando che “non si tratta solo di una guerra contro l’Ucraina, ma contro i nostri nemici occidentali“.

Secondo Klimov, per evitare che questa crisi diventi “l’ennesima occasione perduta“, è necessario riscrivere i fondamentali della convivenza tra potenze, affrontando anche il ruolo della Nato. Ma su un punto insiste: “La Russia non accetterà mai una pace in ginocchio”.

Le accuse all’Occidente

Klimov non risparmia critiche agli Stati Uniti e all’Europa, accusandoli di interferenze e di ipocrisia: “Non ho le prove, ma sono convinto che Zelensky sia guidato dal MI6, il servizio segreto inglese. L’Ucraina ha rinunciato alla propria sovranità molto prima dell’inizio dell’operazione militare speciale”.

Tra le principali minacce alla sovranità russa, Klimov cita i “globalisti neoliberali“, le “sanzioni occidentali”, la russofobia europea e il “discredito gettato sulle elezioni russe”. Difende anche l’operato di Lukashenko in Bielorussia, respingendo le accuse di mancanza di competizione elettorale: “Gli osservatori dell’Osce sono stati invitati a Minsk, ma si sono rifiutati di andarci“.

Il ruolo degli Stati Uniti e di Trump

Klimov riconosce che Donald Trump potrebbe essere un interlocutore pragmatico: “Trump è un mercante conservatore. Se capirà che la guerra non gli porta benefici, allora cercherà di farla finire”. Le richieste russe, comunque, restano chiare: la revoca delle sanzioni è una condizione preliminare per ricominciare a dialogare.

Infine, sulla Ue, Klimov è lapidario: “Perché dovrei nominarla? Gli Stati membri dell’Unione Europea hanno meno indipendenza di quanta ne avessero le repubbliche sovietiche. Stanno solo cercando di ostacolare Russia, India e Cina, senza riuscirci”. Con queste parole, Klimov traccia un quadro chiaro della posizione russa: nessun passo indietro sulle condizioni iniziali, nessuna apertura verso chi, secondo Mosca, minaccia la sua sovranità.

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Ultimo Aggiornamento: 28/01/2025 11:14

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