
Il canto delle balene e il linguaggio umano condividono sorprendentemente la stessa struttura: entrambi presentano schemi ricorrenti e moduli ripetitivi che sembrano facilitare l’apprendimento, trasmessi culturalmente da una generazione all’altra. Questo affascinante parallelismo è stato messo in luce da uno studio innovativo, pubblicato sulla rivista Science e condotto dall’Università Ebraica di Gerusalemme. Per la prima volta, i ricercatori hanno analizzato i canti delle balene utilizzando un metodo ispirato a quello che i bambini adottano per riconoscere le parole nel linguaggio umano.
«Questi risultati mettono in discussione convinzioni di lunga data sull’unicità del linguaggio umano», afferma Simon Kirby dell’Università di Edimburgo, tra i partecipanti allo studio guidato da Inbal Arnon. «Abbiamo scoperto profondi punti in comune tra specie evolutivamente molto distanti, suggerendo che lo studio dell’evoluzione del linguaggio non debba limitarsi ai primati, nostri parenti più prossimi, ma debba includere anche esempi di evoluzione convergente presenti in altre specie».
I ricercatori hanno analizzato 8 anni di registrazioni dei canti delle megattere dell’area della Nuova Caledonia, nel Pacifico Sud-occidentale. Hanno osservato una ricorrenza sistematica di strutture che si ritrova in tutte le lingue conosciute, una caratteristica mai riscontrata prima in altre specie animali.
«Scoprire nel canto delle balene questa struttura nascosta simile al linguaggio», spiega Ellen Garland dell’Università di St Andrews, co-autrice dello studio, «è stato davvero inaspettato. Ora ci resta da capire se queste strutture abbiano per le balene la stessa importanza che hanno per l’uomo».
Questo studio apre nuove prospettive sulla comprensione dell’evoluzione del linguaggio, offrendo una visione più ampia e complessa delle capacità comunicative degli animali.