
“Per troppo tempo, foiba e infoibare sono stati sinonimi di rimozione della storia, così come la tragedia degli esuli è stata spesso minimizzata o addirittura negata.” È con queste parole che Sergio Mattarella ha aperto il suo intervento al Quirinale in occasione del Giorno del Ricordo, alla presenza di buona parte del governo, con Giorgia Meloni in prima fila. È la ventesima celebrazione di questa giornata, istituita sotto il governo Berlusconi, e il presidente della Repubblica ha scelto di fare un discorso all’insegna della verità storica.
Mattarella ha ricordato le “spietate violenze” subite dagli italiani per mano dei partigiani jugoslavi, avvenute “dopo l’oppressione fascista, responsabile di politiche segregazioniste contro le popolazioni slave e della brutale occupazione nazista”. Non furono risparmiati nemmeno gli antifascisti: “Di fronte alla volontà del nuovo regime jugoslavo di imporre la propria sovranità sui territori giuliani, essere italiani divenne un ostacolo, se non una colpa”.
“La memoria storica è fondamentale per ogni Stato: ogni perdita, sacrificio e ingiustizia vanno ricordati”, ha proseguito il presidente, condannando l’imbrattamento del monumento alla foiba di Basovizza avvenuto pochi giorni prima, definendolo “una squallida provocazione”.
Mattarella ha poi rievocato la drammatica scelta a cui furono costretti 300.000 italiani: assimilarsi o emigrare. Molti scelsero l’esilio, pagando un prezzo altissimo. “Stenti, sistemazioni precarie, povertà, indifferenza e persino ostilità li accompagnarono, specialmente da parte di chi condivideva l’ideologia comunista di Tito.”
Il Giorno del Ricordo, votato a larga maggioranza dal Parlamento, ha permesso di riconnettere quel capitolo doloroso alla storia italiana, dopo anni di silenzio. “Dobbiamo ascoltare le storie degli altri, condividere le sofferenze e lavorare insieme per sanare le ferite del passato”, ha sottolineato Mattarella, esortando alla pacificazione.
Il presidente ha ricordato il suo incontro simbolico con Borut Pahor, durante il quale visitarono insieme la foiba di Basovizza e il monumento ai giovani sloveni fucilati dal fascismo: “Non per rivendicare, ma per trarre dal passato un nuovo impulso verso un cammino comune.”
Infine, ha lanciato un monito contro i pericoli sempre attuali delle ideologie totalitarie e del nazionalismo aggressivo: “La pace è fragile e richiede coraggio, ostinazione e saggezza per essere preservata.”