
Un interessante reportage di Paolo Valentino sul Corriere della Sera porta alla luce retroscena importanti su rapporto fra il Presidente Usa Donald Trump e Vladimir Putin. “Quando arrivammo a Mosca nel 1990, ci rendemmo conto che la cremlinologia aveva fatto il suo tempo”, scrive Valentino. “Oggi, con il caos della politica internazionale e il vortice di dichiarazioni di Trump, assistiamo a una nuova forma di analisi, quella che potremmo definire Trumpologia“.
Le “contraddizioni” apparenti di Trump
L’esercizio di comprensione sulle frequenti esternazioni del Presidente Usa, secondo il giornalista, ha visto il fiorire di una serie di “esperti” intenti a decifrare le contraddizioni del presidente americano. Ma l’impressione è che non ci sia un metro di giudizio convincente da adottare.
Uno degli ultimi episodi che ha acceso il dibattito riguarda l’annuncio di Trump, che ha dichiarato di aver parlato con Vladimir Putin della guerra, ma il Cremlino non ha confermato né smentito la notizia. Questo nuovo approccio ci costringe a guardare al passato per comprendere la natura di un rapporto che sembra essere stato particolare fin dall’inizio.

Trump e Putin, un legame con radici salde nel passato
Nel primo mandato, Trump incontrò Putin cinque volte, con 9 telefonate intercorse tra i due. Sebbene le voci su possibili legami tra Trump e la Russia siano emerse, non sono mai state provate, e neppure l’inchiesta dell’ex capo dell’Fbi, Robert Mueller, ha portato a risultati concreti. La relazione tra i due leader rimane comunque sospetta per la sua segretezza, come nel famoso incontro a Amburgo nel 2017, dove Trump si separò dai suoi collaboratori per conversare da solo con Putin.
I vertici più celebri sono stati quelli di Helsinki nel 2018, dove Trump smentì l’Fbi, accettando la versione di Putin sulle interferenze russe nelle elezioni presidenziali del 2016. Con la vittoria di Trump, la politica internazionale ha preso una piega personalistica, dove gli incontri tra i leader non sono più mediati dai diplomatici, ma diventano una questione di pura relazione tra i due.
Il nodo della guerra in Ucraina
Nel contesto della guerra in Ucraina, Putin ha lodato Trump, sostenendo che, se l’elezione del 2020 non fosse stata “rubata” la guerra non sarebbe mai iniziata. Il presidente russo sogna un accordo che riduca l’Ucraina a uno stato vassallo, facendo rivivere lo spirito di Yalta. Un ribaltamento che avrebbe forti conseguenze sull’Europa e sulla Ue, che di fronte a un simile accordo si troverebbe spiazzata.

Sembra di tornare ai tempi del dopoguerra, quando la spartizione del territorio europeo generò i blocchi dell’Ovest, legato agli Stati Uniti e alla Nato, e dell’Est, sotto il controllo dell’impero sovietico. Oggi i tempi sono cambiati, ma il parallelo potrebbe reggere osservando la strisciante guerra commerciale, scatenata dalle conseguenze di una globalizzazione affrettata e mal gestita.
La variabile Cina: un piano per tornare al Patto di Yalta e separare Pechino e Mosca?
Rispetto al passato, c’è una variabile gigantesca: la presenza della Cina, diventata a tutti gli effetti una superpotenza e impegnata in un potenziamento militare che spaventa tutti. Se da una parte Cina e Russia sono alleate nei Brics, dall’altra fra i due Paesi pesa una storica rivalità. Non c’è mai stata grande simpatia fra Mosca e Pechino. Ed è probabile che Trump voglia giocare proprio su questo per sanare i contrasti con la Russia e per evitare agli Stati Uniti uno scontro con due superpotenze unite da un unico obiettivo.
Certo, l’imprevedibilità di The Donald lascia aperti molti interrogativi. Ma dietro alle sue “sparate”, potrebbe nascondersi un piano raffinato che cambierebbe gli equilibri del mondo. Con l’Europa che, purtroppo, continua a rappresentare l’anello debole della catena, e che potrebbe subirne pesanti conseguenze. Perché una “nuova Yalta” scardinerebbe la struttura stessa dell’Unione, aprendo la strada a un futuro molto complesso.