
Dopo settimane di tensioni con la Corte penale internazionale (Cpi) sul caso Almasri, il governo italiano ha deciso di cambiare strategia. La premier Giorgia Meloni, preoccupata per i possibili contraccolpi politici ed europei, ha dato mandato al ministero della Giustizia di avviare un dialogo con la Cpi per ridurre le tensioni.
L’obiettivo: una de-escalation con Bruxelles
L’invio di emissari italiani all’Aia è un tentativo di allentare la pressione diplomatica, soprattutto con l’Unione Europea. Il caso Almasri ha infatti sollevato forti critiche a Bruxelles, spingendo il governo italiano a cercare un compromesso.
La richiesta ufficiale dell’Italia è quella di una revisione dei protocolli operativi della Corte, in particolare sulla modalità di trasmissione dei mandati di cattura. L’idea è che il ministero della Giustizia venga informato direttamente, senza passare dall’ufficiale di collegamento dell’ambasciata italiana in Olanda.
L’iniziativa è stata gestita da Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto del ministro Carlo Nordio, finita al centro delle polemiche per la gestione del caso. Il linguaggio ufficiale del ministero parla di “consultazioni per una comune riflessione sulle criticità del caso Almasri”, ma il significato politico è evidente: Palazzo Chigi sta cercando una via d’uscita.

Il rischio di isolamento europeo
Dietro la svolta italiana c’è la consapevolezza che lo scontro con la Corte penale internazionale rischia di trasformarsi in un boomerang. Confliggere con la Cpi, infatti, significa auto-escludersi dall’Europa, con potenziali ripercussioni su dossier chiave per il governo, come il piano per i migranti con l’Albania.
Nei giorni scorsi, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen avrebbe fatto presente a Meloni i rischi di un atteggiamento troppo ostile verso la Corte. Un segnale che ha contribuito alla decisione di rivedere la linea.
Un altro punto sollevato da Palazzo Chigi riguarda le possibili ripercussioni della vicenda Almasri sulla sicurezza degli italiani in Libia. Secondo il governo, prima di eseguire certi atti giudiziari si dovrebbe tenere conto dei rischi diplomatici, come eventuali ritorsioni contro cittadini italiani nel Paese nordafricano. La Cpi non sembra però disposta a concedere a Roma una maggiore influenza sulle sue decisioni, per non mettere in discussione la propria indipendenza.

Il compromesso con l’Aia
Per dimostrare buona volontà, l’Italia ha promesso di non presentare nuove accuse formali contro la Corte. In cambio, chiede che la Cpi non sollevi il caso Almasri alle Nazioni Unite, un’eventualità che metterebbe il governo italiano in una posizione difficile.
L’alternativa per l’Italia sarebbe infatti affidarsi al veto della Russia di Vladimir Putin, storica oppositrice della Cpi, o degli Stati Uniti, complicando ulteriormente la posizione diplomatica del Paese. Un’ultima questione rimasta sul tavolo è quella del segreto di Stato, un’opzione che alcuni membri del governo, tra cui il sottosegretario Alfredo Mantovano, avevano suggerito di usare per chiudere il caso.
Meloni, però, ha scelto di non ricorrere a questa soluzione, almeno per il momento. Secondo alcune indiscrezioni, il Quirinale non avrebbe posto veti a questa ipotesi, ma la premier ha preferito evitare uno scontro istituzionale. Ora il governo punta sulla trattativa con la Cpi, nella speranza di evitare nuove tensioni.