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Donato Monopoli ucciso a 26 anni in discoteca, annullate le condanne. Il papà: «L’hanno ammazzato una seconda volta»

Pubblicato: 18/02/2025 08:53

Donato Monopoli, originario di Cerignola, è stato tragicamente ucciso all’età di 26 anni in seguito a un violento alterco in una discoteca. Era il 6 ottobre 2018 quando, all’esterno di un locale di Foggia, due coetanei lo hanno aggredito brutalmente. Dopo sette mesi di sofferenza in ospedale, il giovane è deceduto. Gli aggressori, Francesco Stallone e Michele Verderosa, erano stati inizialmente condannati a 10 e 7 anni di carcere in appello, ma recentemente la Corte di Cassazione ha annullato quelle sentenze, ordinando un nuovo processo. Giuseppe, il padre di Donato, ha descritto al Corriere della Sera il «duro colpo, l’ennesimo, per tutta la nostra famiglia», esprimendo un forte desiderio di giustizia.
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«Mio figlio è stato colpito da 40 coltellate alla testa e mio fratello si è tolto la vita durante il processo: quel mostro ha spezzato due esistenze», ha affermato Giuseppe Monopoli. La famiglia del giovane ucciso è rimasta profondamente delusa dalla decisione della Corte di Cassazione. Non cercano vendetta, ma solo giustizia: «Ci aspettiamo solo equità», ha dichiarato.

«Alla sentenza di secondo grado manifestammo la nostra indignazione perché per il sistema giudiziario italiano la vita di nostro figlio valeva solo 10 anni», ha proseguito, evidenziando il nuovo, doloroso colpo che devono affrontare, come se il lutto per la perdita di un figlio non fosse già sufficiente. Il dolore è incessante e straziante, «non svanisce, non si attenua con il passare del tempo». L’annullamento delle condanne ha amplificato questo dolore: «Donato è stato ucciso per la seconda volta», ha detto il padre.

Tuttavia, la famiglia non è sola nella sua ricerca di giustizia, poiché un movimento spontaneo di amici, conoscenti e cittadini si è unito per condividere il loro dolore e sostenere la causa. «Non riesco più a guardare negli occhi i miei altri figli, i due fratelli di Donato, e nemmeno mia moglie. Sono sette anni che lottiamo», ha confessato Giuseppe con tristezza. Desidererebbe ancora credere nella possibilità di ottenere giustizia, ma questa battaglia si sta rivelando estremamente difficile e logorante: «Siamo tutti morti nel giorno in cui il cuore di Donato ha smesso di battere, e dopo la decisione della Corte di Cassazione, è come se morissimo di nuovo».

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