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Liliana Resinovich, dai sacchetti al guanto: cosa manca ancora secondo il perito di Sterpin

Pubblicato: 18/02/2025 17:54

Il 28 febbraio sono attesi i risultati della perizia effettuata sul corpo di Liliana Resinovich, la donna di 63 anni trovata senza vita il 5 gennaio 2022 nel bosco dell’ex Opp di Trieste. La sua scomparsa, avvenuta il 14 dicembre 2021, resta avvolta nel mistero e le nuove analisi puntano a chiarire numerosi aspetti ancora irrisolti, tra cui la data esatta del decesso e la natura delle lesioni presenti sul volto.

Ad oggi, l’ipotesi dell’omicidio non è stata accertata, ma nemmeno esclusa del tutto. In questa vicenda emergono due figure chiave: il marito della donna, Sebastiano Visintin, e Claudio Sterpin, un amico con cui Liliana aveva recentemente riallacciato i rapporti. Nessuno dei due, tuttavia, è mai stato formalmente indagato.

Le anomalie nei sacchi che avvolgevano il corpo

Il consulente forense Salvatore Spitaleri, incaricato dai legali di Sterpin, ha espresso forti dubbi sulla possibilità che si sia trattato di un suicidio: “La morte di Liliana non può che essere di natura omicidiaria”. Un elemento chiave della sua analisi riguarda i quattro sacchi della spazzatura in cui il corpo della donna era stato rinvenuto. “Si tratta di due sacchi neri per l’indifferenziata e due biodegradabili più piccoli. È impossibile che Liliana abbia potuto avvolgersi da sola nei sacchi senza lasciare tracce delle sue impronte papillari”, ha spiegato il consulente. Inoltre, l’assenza di segni di decomposizione immediata sul volto contrasterebbe con l’ipotesi del suicidio.

Secondo Spitaleri, le impronte assenti e la presenza di tracce di un guanto in tessuto sui sacchi neri indicherebbero che il corpo è stato spostato dopo la morte per evitare che i fluidi corporei contaminassero il mezzo di trasporto. Un guanto nero è stato infatti ritrovato nei pressi del luogo del ritrovamento.

L’importanza del guanto nero

Il guanto rinvenuto vicino al cadavere è stato sottoposto ad analisi dalla Polizia Scientifica di Milano, che ha eseguito tre campionature, senza ottenere risultati utili sul profilo genotipico di chi lo aveva indossato. “Tre campioni non sono affatto sufficienti”, ha criticato Spitaleri, facendo notare che in casi simili sono state necessarie centinaia di campionature per ottenere un profilo chiaro.

L’uomo con la torcia

Un altro elemento significativo è la testimonianza di una donna che, la mattina del 5 gennaio intorno alle 6, avrebbe visto un uomo con la barba bianca e vestito di nero aggirarsi nei pressi del varco che conduce al boschetto con una torcia. “Non è una coincidenza che proprio in quella zona sia stato trovato il guanto nero”, ha sottolineato Spitaleri.

L’ipotesi avanzata è che questo individuo sia tornato sulla scena per recuperare il guanto smarrito, preoccupato che potesse incriminarlo. Tuttavia, i primi bagliori del giorno potrebbero averlo costretto ad allontanarsi prima di riuscire a recuperarlo.

I risultati della perizia potrebbero finalmente fare chiarezza su una vicenda che, a distanza di tre anni, resta ancora piena di interrogativi.

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