
Giorgia Meloni stava preparando da giorni un intervento in video-collegamento alla convention dei conservatori americani a Washington, previsto per sabato alle 12 ora locale (le 18 in Italia). Un tempismo calcolato: nelle stesse ore in cui Donald Trump sarebbe intervenuto all’evento.
Uno sviluppo internazionale ha però complicato il quadro diplomatico: l’annuncio di un incontro alla Casa Bianca tra Emmanuel Macron, Keir Starmer e Trump. Un vertice tra tre potenze nucleari, certo, ma anche un segnale di isolamento per Meloni, che aveva puntato sul suo ruolo di ponte tra Europa e Stati Uniti.
La “mossa drastica” di Meloni
Questa situazione ha portato la premier a valutare una mossa drastica: un viaggio last-minute negli Usa per essere fisicamente presente alla convention, ormai dominata dall’universo trumpiano. L’ipotesi appare improbabile, ma non impossibile, tanto che l’esponente di Fratelli d’Italia Italo Bocchino ha lasciato intendere una possibile “sorpresa” americana da parte di Meloni nel corso di un’intervista televisiva.
I rischi diplomatici e il rebus europeo
Un viaggio a Washington, però, comporterebbe rischi significativi. Prima di tutto, bisognerebbe organizzare un incontro con il presidente statunitense in tempi strettissimi, evitando un’apparizione che potrebbe risultare marginale. Inoltre, il blitz potrebbe irritare l’Unione Europea, già fredda nei confronti della premier italiana.

Ursula von der Leyen, con cui Meloni deve ancora negoziare su dossier cruciali, potrebbe vedere la mossa come un segnale di allineamento troppo netto con Trump. Ma il vero problema è il confronto con Macron: il presidente francese, con la sua visita ufficiale, ha segnato un punto nella partita dei rapporti transatlantici, lasciando Meloni in una posizione di rincorsa. Ed è proprio questa frustrazione a rendere plausibile una scelta a sorpresa da parte della premier italiana.
Salvini, Giorgetti e il peso di Trump
Nel frattempo, le tensioni interne alla maggioranza emergono chiaramente. Ieri, Meloni ha avuto un incontro a porte chiuse con Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti. Un colloquio che si è allungato ben oltre il previsto. Ufficialmente, si discuteva della rottamazione delle cartelle esattoriali, ma il nodo cruciale era un altro: la strategia da adottare rispetto a Trump.
Meloni si trova in una posizione scomoda: deve mantenere un equilibrio tra l’Europa e la sua storica vicinanza al Presidente Usa. Il suo approccio è di estrema cautela: “Cerchiamo di non sbilanciarci come governo“, avrebbe detto ai suoi alleati. Un monito che, tuttavia, Salvini ha subito ignorato. Poco dopo l’incontro, il leader leghista si è presentato ai giornalisti con una dichiarazione inequivocabile: “Ho enorme stima di Trump. In poche settimane sta facendo più di Biden in quattro anni”.

Una strategia di attesa obbligata
Meloni sa bene che non può esporsi troppo: le ripercussioni economiche e diplomatiche sarebbero pesanti. Due dossier pesano più di tutti: la questione dei dazi e il sostegno a Kiev. Da un lato, c’è l’obbligo di mantenere una linea comune con Bruxelles per evitare penalizzazioni commerciali; dall’altro, il rapporto con gli Stati Uniti è fondamentale per la sicurezza nazionale e la stabilità del debito pubblico italiano.
I grandi fondi americani, infatti, potrebbero reagire negativamente a qualsiasi segnale di instabilità. Per questo, la strategia attuale di Meloni è di attendere e vedere. Un equilibrio difficile da sostenere a lungo, ma necessario per evitare scelte premature e rischiose. La partita con Trump è ancora aperta, e la premier sembra intenzionata a giocarla fino in fondo.