
Il fragile equilibrio dell’opposizione si spezza sotto il peso delle dichiarazioni di Giuseppe Conte sulla guerra in Ucraina e sull’influenza di Donald Trump. Mentre l’ex premier accusa l’Occidente di “propaganda bellicistica” e rilancia le posizioni pentastellate, Elly Schlein si chiude nel silenzio, lasciando la minoranza dem sul piede di guerra. Intanto Carlo Calenda incalza: “Il Pd deve scegliere: o rompe con i 5 Stelle o diventa il partito della sinistra per Trump e Putin“.
Conte mette alle strette Schlein
Il leader del M5S ha affinato una strategia che lo mette comunque in posizione di vantaggio. Se il Pd si distanzia dalle posizioni pentastellate sulla politica estera, sarà la dimostrazione che il “campo largo” non esiste più.
Se invece la minoranza dem si ribella e lascia il partito, Schlein potrebbe rimanere segretaria ma a prezzo di diventare una figura subordinata alle decisioni di Conte. Un win-win per il Movimento 5 Stelle, che in ogni caso guadagna centralità nello scenario politico.
Schlein, per ora, sceglie il mutismo. Ha evitato dichiarazioni sia dopo l’attacco grillino a Pina Picierno, accusata dagli eurodeputati pentastellati di essere “fascista”, sia dopo le affermazioni di Conte a favore di Trump. Una posizione che la rende sempre più isolata nel Pd, dove il malumore cresce.

La minoranza dem in rivolta
Nel Partito Democratico, le critiche alla segretaria si moltiplicano. Pina Picierno ha attaccato duramente: “Dalla parte di Trump e dei nemici della democrazia? C’è un limite a tutto, anche alla pazienza”. Giorgio Gori rincara la dose: “Quale politica estera pensiamo di condividere con Conte?”. Il rischio è che l’alleanza con il M5S diventi una zavorra ingestibile, allontanando ulteriormente l’ala riformista del partito.
Ma non tutti chiudono la porta. Goffredo Bettini, grande sostenitore del “campo largo”, difende Conte: “Non è una stampella di Putin. Ci sono tutte le condizioni per dialogare”. Un’affermazione che suona più come un atto di fede che come una strategia politica.
Tra divisioni e alleanze regionali
Nonostante la frattura a livello nazionale, Pd e M5S cercano ancora terreni comuni, come il referendum sul Jobs Act e alcune alleanze locali. In Campania, il candidato governatore potrebbe essere un pentastellato come Roberto Fico o Sergio Costa. In Toscana, invece, il nome di Eugenio Giani non convince il Movimento, lasciando presagire un’ennesima spaccatura.
L’opposizione è a un bivio. Il “campo largo” sembra sempre più un’illusione, mentre la pressione interna al Pd aumenta. Il tempo delle mediazioni infinite sembra terminato: ora Schlein dovrà decidere se rompere con Conte o accettare di farsi dettare la linea. Ma il rischio è che, restando in silenzio, siano gli altri a decidere per lei.