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Caso Almasri, arrivano le accuse della Corte Internazionale: “Liberato un torturatore”

Pubblicato: 22/02/2025 17:06

L’Italia non ha rispettato l’obbligo di cooperare con la Corte penale internazionale (Cpi) e ha permesso al presunto torturatore libico Osema Almasri di tornare libero in Libia. Questa è l’accusa mossa dal procuratore dell’Aia Karim Khan, che ha chiesto il deferimento dell’Italia all’Assemblea degli Stati e al Consiglio di sicurezza dell’Onu per aver violato l’articolo 87 del trattato di Roma.

Le accuse della Corte all’Italia

Secondo il documento di 14 pagine presentato dalla Cpi, l’Italia era stata informata della richiesta di arresto già il 18 gennaio, prima della scarcerazione di Almasri. La comunicazione era stata inviata attraverso l’ambasciata, ma il ministero della Giustizia sostiene di averla letta solo il 20 gennaio. Un ritardo che, secondo Khan, non giustifica il mancato intervento: il governo avrebbe comunque dovuto adottare le misure necessarie per eseguire la richiesta.

Le responsabilità del governo Meloni

L’Italia si è difesa sostenendo che la scarcerazione di Almasri fosse una decisione della Corte d’Appello di Roma, basata su una questione procedurale: mancava un’interlocuzione preventiva tra il tribunale e il ministero della Giustizia. Tuttavia, la Cpi contesta questa posizione, sottolineando che il ministero avrebbe comunque dovuto trasmettere la richiesta il 20 gennaio, consentendo alla Corte d’Appello di ordinare nuovamente la detenzione.

Inoltre, l’Italia ha sollevato dubbi sulla formulazione iniziale dell’atto di accusa e sulle perplessità di una giudice della Cpi, ma secondo Khan si tratta di questioni che avrebbero potuto essere chiarite con una semplice consultazione, che però non è mai avvenuta.

Un caso politico esplosivo

Il deferimento dell’Italia rappresenta un grave smacco diplomatico e apre un caso politico che potrebbe avere ripercussioni sui rapporti con la comunità internazionale. Il governo italiano potrà ancora difendersi, ma la battaglia sarà lunga e il caso rischia di pesare sul dibattito interno e sulle relazioni con la Corte dell’Aia.

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