
Il dolore di una famiglia si trasforma in un appello affinché tragedie simili non si ripetano. «Non possiamo sapere se Mattia sarebbe potuto essere salvato, ma quello che sappiamo è che le strutture mediche locali non erano preparate ad affrontare una situazione di emergenza come quella», ha dichiarato il padre del piccolo Mattia C., il bambino di 9 anni deceduto lo scorso gennaio durante una vacanza a Marsa Alam, in Egitto.
Secondo le autorità mediche locali, la causa del decesso sarebbe stata un tumore al cervello mai diagnosticato, ma l’autopsia eseguita in Italia ha invece rivelato che il bambino è stato colpito da un aneurisma cerebrale.
Un sistema di soccorso inadeguato
Il padre di Mattia, residente a Laipacco di Tricesimo, in provincia di Udine, non chiede giustizia, ma spera che questa tragedia possa servire a migliorare le reti di emergenza nei luoghi turistici:
«Quello che speriamo è che questa tragedia possa far capire a tutti l’importanza di avere una rete di emergenza adeguata», ha sottolineato, chiedendo maggiori investimenti in mezzi di soccorso rapidi.
Non esclude neanche un ritorno in Egitto:
«Se il Paese dovesse dedicare un elisoccorso a Mattia, la nostra famiglia sarebbe disposta a tornare, come segno di speranza che la sua morte possa portare cambiamenti concreti».
Il dramma di Mattia
Il calvario del bambino è iniziato il 6 gennaio, durante una escursione in barca. Mattia ha accusato un malore, ma in mare non era presente personale medico, e una volta rientrati al porto non c’erano né medici né ambulanze disponibili. Solo dopo essere tornato nel resort, un medico lo ha visitato diagnosticando un colpo di calore.
Le condizioni del bambino sono però peggiorate fino al tragico epilogo.
Le prime ipotesi formulate dai medici egiziani erano discordanti: si parlava di tumore, polmonite batterica e persino di malattie pregresse mai diagnosticate. I genitori, Marco Cossettini e Alessandra Poz, hanno voluto vederci chiaro, chiedendo un’autopsia in Italia. I risultati hanno confermato che Mattia è stato ucciso da un aneurisma cerebrale, una condizione che, se riconosciuta in tempo, avrebbe potuto essere curata.