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Elon Musk, il Fisco gli chiede 12,5 milioni per “infedele dichiarazione”

Pubblicato: 25/02/2025 21:06

Le autorità italiane, tra cui la Procura di Milano e la Guardia di Finanza, con il supporto dell’Agenzia delle Entrate, hanno avanzato una richiesta di 12,5 milioni di euro nei confronti di Elon Musk, ritenendo che i vertici della precedente gestione di Twitter abbiano commesso il reato di “infedele dichiarazione”. L’indagine trae origine da una verifica fiscale condotta dalla Gdf e conclusa nell’aprile 2024, riguardante la piattaforma ora nota come “X”. L’inchiesta si inserisce nel contesto di controlli simili già effettuati su altre grandi società del web ed è coordinata dal pm Giovanni Polizzi.

L’indagine si basa su un principio chiave: quando gli utenti forniscono i propri dati alle piattaforme social, anche senza un corrispettivo diretto, queste ultime ne traggono profitto attraverso la profilazione e la monetizzazione delle informazioni personali. Di conseguenza, secondo l’impostazione dell’accusa, tali operazioni dovrebbero essere soggette a Iva. Questa interpretazione è fortemente contestata dalle aziende del settore, ma è il fulcro delle contestazioni mosse a Twitter International UK. Sul piano penale, gli ex dirigenti della società sono coinvolti, mentre l’aspetto economico della vicenda vede direttamente interessato Musk, quale attuale proprietario della piattaforma.

Fonti investigative hanno confermato che il social network è accusato di non aver versato l’Iva tra il 2016 e il 2022. La Guardia di Finanza ha concluso la sua indagine fiscale nell’aprile 2024, mentre l’Agenzia delle Entrate ha notificato le sue conclusioni a gennaio. Ora spetta a “X” decidere se aderire alle richieste fiscali o contestarle entro aprile.

Un precedente significativo riguarda Meta, al centro di un’indagine ancora aperta per presunta evasione dell’Iva tra il 2015 e il 2021, per un totale di 877 milioni di euro. “Siamo fortemente in disaccordo con l’idea che l’accesso alle piattaforme online debba essere soggetto al pagamento dell’Iva”, ha dichiarato un portavoce di Meta, sottolineando la collaborazione con le autorità e il rispetto delle normative fiscali vigenti.

Secondo la ricostruzione dell’accusa, Meta avrebbe offerto servizi digitali in cambio dell’uso commerciale dei dati degli utenti italiani, configurando un’operazione imponibile ai fini Iva. Tuttavia, i rappresentanti dell’azienda non avrebbero presentato le relative dichiarazioni per sette anni. Il procuratore di Milano, Marcello Viola, ha evidenziato che la non gratuità di tali servizi è già stata riconosciuta da diverse autorità, tra cui l’AGCM e il Tar del Lazio, oltre che supportata da verifiche della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate.

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