Vai al contenuto

“Abbandonata dalle ostetriche che facevano colazione”. Neonato morto, la rabbia della madre

Pubblicato: 28/02/2025 08:44

Il 5 novembre 2022, i medici dell’ospedale Infermi di Rimini dichiararono il decesso del piccolo Alessandro, morto poco dopo il parto. I genitori, Federica Semprini Pironi e Marco Pirini, hanno intrapreso una lunga battaglia legale contro due ostetriche, una proveniente da Faenza e l’altra da Santarcangelo di Romagna, entrambe ben note anche sui social. Nonostante la Procura avesse richiesto l’archiviazione del caso, il giudice per le indagini preliminari, Vinicio Cantarini, ha deciso di rinviare le due ostetriche a giudizio.

Il travaglio di Federica è iniziato a casa, e secondo la difesa dei genitori, sarebbe durato ben 30 ore. Un consulente incaricato dal pubblico ministero ha analizzato la documentazione medica e ha concluso che il bambino è morto per diverse cause concomitanti, tra cui un’infezione da batterio Streptococco e un’asfissia meccanica, provocata dall’eccessiva lunghezza del travaglio e dalla condizione del bambino, che risultava macrosomico (piuttosto grande). L’asfissia sarebbe stata accentuata dalla lunga durata del travaglio a casa, un aspetto che potrebbe aver avuto conseguenze fatali. Il processo, con accuse di omicidio colposo e lesioni alla partoriente, inizierà il 12 giugno presso il Tribunale di Rimini.

Federica ha commentato la decisione del giudice con grande soddisfazione: «Abbiamo accolto la notizia con gioia, arrivata proprio nel giorno del primo compleanno del nostro secondo figlio, il fratellino di Alessandro. Abbiamo festeggiato con la famiglia e abbiamo dato grazie ad Alessandro per la forza che ci dà ogni giorno per continuare a lottare». La madre ha raccontato le difficoltà del travaglio: «Io ero concentrata sul parto, mentre mio marito soffriva nel vedermi in difficoltà. Ma già da giorni nutrivo dubbi sulla professionalità delle ostetriche: non avevano mai una linea comune nelle risposte e non si preoccupavano di fare controlli adeguati. Quando Alessandro era già in una posizione pericolosa, nonostante avessimo pagato 800 euro di reperibilità, nessuna delle due si è presa la responsabilità di controllare la situazione».

Federica ha poi raccontato altre esperienze problematiche, come quando le ostetriche si allontanarono per andare a fare una colazione lunga più di due ore mentre il travaglio proseguiva. «La coordinatrice è arrivata solo ore dopo che le acque si erano rotte, dicendo che doveva finire l’ambulatorio. Mio marito ha chiesto più volte di portarmi in ospedale, ma abbiamo deciso di rimanere con loro, dato che ci eravamo affidati a queste ostetriche in un momento di lucidità. Ma la situazione era ben lontana da quella che avevamo immaginato».

Per quanto riguarda la scelta di un parto domiciliare, Federica ha spiegato: «La decisione di optare per un parto a domicilio era dovuta alle restrizioni del periodo post-Covid. Volevamo un ambiente familiare e sicuro, ma sempre sotto il controllo medico, rispettando tutti i requisiti richiesti. Non cercavamo un parto non medicalizzato, ma volevamo comunque la salute di nostro figlio come priorità».

Inoltre, Federica ha sollevato dubbi sull’infezione da Streptococco, sottolineando che le ostetriche avevano sconsigliato il tampone vaginale, nonostante fosse una pratica consigliata per prevenire complicazioni. «Una delle ostetriche lasciava la facoltà di scegliere, mentre l’altra imponeva di non farlo. Tra di loro avevano anche avuto un acceso confronto su questo argomento».

La querela conteneva anche accuse di falso ideologico riguardo alla cartella clinica, dato che erano stati trovati tre documenti diversi sulla stessa vicenda. Federica ha spiegato: «C’erano tre versioni della cartella: una scritta durante il travaglio, una post mortem e una inviata sei giorni dopo. Dovrebbe esserci stato un solo documento ufficiale».

Infine, Federica e Marco sperano che il processo faccia giustizia, affermando di non avere dubbi sul fatto che Alessandro sarebbe ancora vivo se non avessero incontrato le due ostetriche. «Non si tratta solo di un conflitto su diverse visioni del parto, ma di garantire che nessun’altra coppia debba affrontare una tragedia simile. Le ostetriche non avevano la competenza e l’empatia necessarie per svolgere il loro ruolo. Ci aspettiamo che la giustizia agisca in tempi ragionevoli e che gli ordini professionali rispondano per quanto accaduto».

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure