
Non si tratta di sottovalutare un microrganismo potenzialmente pericoloso. Ian Lipkin e Ralph Baric sono tra i massimi esperti statunitensi nello studio dei virus. Il primo insegna epidemiologia alla Columbia University di New York, il secondo virologia presso l’Università del North Carolina. Entrambi conoscono bene le precauzioni necessarie quando si ha a che fare con agenti infettivi.
Dopo aver appreso della scoperta in Cina, precisamente a Wuhan, di un nuovo coronavirus presente nei pipistrelli, hanno deciso di approfondire la questione nei dettagli.
L’allarme dei due scienziati
Le loro indagini non hanno dissipato le preoccupazioni, anzi, li hanno spinti a scrivere una lettera aperta pubblicata dal New York Times, intitolata: “La recente ricerca sui virus dovrebbe allarmarci”.
«Siamo preoccupati per il modo in cui alcuni scienziati conducono esperimenti sui virus, mettendo potenzialmente in pericolo tutti noi» sottolineano i due esperti. «Uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Cell ha segnalato la scoperta di un coronavirus nei pipistrelli con la capacità di diffondersi tra gli esseri umani».
La rivista Cell è considerata una delle più autorevoli nel campo della biologia. L’articolo in questione, pubblicato il 18 febbraio, riguarda un nuovo agente patogeno denominato HKU5-CoV-2. La ricerca è stata condotta da circa venti scienziati di sette istituzioni scientifiche cinesi, tra cui l’Istituto di virologia di Wuhan e l’università della stessa città, luogo dal quale ha avuto origine la pandemia di Covid-19 nel dicembre 2019.
Le misure di sicurezza per lo studio dei virus
«Non vogliamo suggerire che l’istituto sia responsabile della pandemia di Covid, né che questo nuovo virus possa scatenarne una futura. Ciò che ci allarma è la mancanza di adeguate misure di sicurezza nell’analisi di questo coronavirus» scrivono i due esperti.
Gli agenti patogeni vengono studiati in laboratori con diversi livelli di biosicurezza (Bsl), a seconda della loro pericolosità. Il livello più basso è il Bsl-1, mentre il più alto, il Bsl-4, è caratterizzato da rigide misure di contenimento: gli scienziati devono indossare tute protettive, la pressione dell’aria è mantenuta negativa per evitare fuoriuscite accidentali, sono previste docce di decontaminazione e accessi controllati. Il virus dell’HIV, ad esempio, viene trattato nei laboratori Bsl-3. In Italia, solo due strutture dispongono di Bsl-4: il Sacco di Milano e lo Spallanzani di Roma.
Il laboratorio di Wuhan e le criticità
L’Istituto di virologia di Wuhan possiede laboratori di alto livello, ma secondo Lipkin e Baric, gli studi su HKU5-CoV-2 «non sono stati condotti in un Bsl-3 o Bsl-4, bensì in un laboratorio Bsl-2 plus, una categoria non riconosciuta dai Centers for Disease Control and Prevention e ritenuta inadeguata per un virus respiratorio potenzialmente pericoloso».
Questo coronavirus, in laboratorio, ha dimostrato di poter infettare cellule umane coltivate in vitro, pur non essendo stata documentata alcuna trasmissione tra esseri umani. Appartiene alla stessa categoria della MERS, un virus emerso in Medio Oriente nel 2012 che si trasmette dai cammelli all’uomo e presenta un tasso di mortalità del 34%, ben superiore al 10% inizialmente attribuito al Covid-19.
Lipkin e Baric non hanno mai sostenuto le teorie complottiste secondo cui il Covid sarebbe stato creato artificialmente nei laboratori di Wuhan. Fin dall’inizio della pandemia, hanno ritenuto più plausibile l’ipotesi di un salto di specie avvenuto in un mercato cittadino. Tuttavia, con la loro lettera, sollevano dubbi sulla possibilità che un virus studiato per scopi scientifici possa accidentalmente fuoriuscire da un laboratorio, rendendo uno scenario simile meno improbabile di quanto si pensasse.