
Il medico, oggi in pensione e conosciuto con le iniziali V. F., che somministrò il vaccino AstraZeneca contro il Covid alla 46enne insegnante Cinzia Pennino, morta il 28 marzo 2021, è stato assolto dal giudice monocratico dall’accusa di omicidio colposo, poiché il fatto non è stato ritenuto sussistente.
Cinzia Pennino era stata tra le prime a ricevere il vaccino, in quanto insegnante, e in un momento in cui AstraZeneca era più disponibile. La donna aveva inizialmente cercato di vaccinarsi l’8 marzo 2021 presso l’hub della Fiera, ma il medico che la visitò si era rifiutato di somministrare il vaccino ritenendo che la donna fosse obesa. La donna aveva quindi riprenotato la vaccinazione per l’11 marzo, quando V. F. le aveva somministrato l’AstraZeneca senza alcuna difficoltà. La famiglia di Cinzia Pennino ha sempre sottolineato che la donna era in buone condizioni di salute prima della vaccinazione.
Dopo il vaccino, Cinzia Pennino era andata a scuola l’11 marzo. Il giorno successivo aveva accusato lievi febbre, subito passata con l’assunzione di Tachipirina. Tuttavia, il 21 marzo aveva cominciato a soffrire di forti dolori addominali e vomito. Non associando questi sintomi alla vaccinazione, si era recata al pronto soccorso del Buccheri La Ferla, dove una TAC aveva rivelato una trombosi addominale. Cinzia Pennino era stata quindi trasferita al Policlinico, dove è morta 17 giorni dopo la somministrazione del vaccino.
Nonostante l’accusa sostenesse che il medico avesse violato le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità, poiché non aveva riconosciuto che la donna era obesa e pertanto avrebbe dovuto essere vaccinata con un vaccino mRna (come Pfizer o Moderna), i periti del giudice durante l’udienza preliminare hanno precisato che al momento dell’inoculazione non esistevano protocolli obbligatori, ma solo raccomandazioni, e che il rischio di trombosi per i pazienti obesi è comunque molto elevato, indipendentemente dal tipo di vaccino ricevuto.