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Dazi, Ucraina e Putin: l’enigma Trump scuote l’Europa

Pubblicato: 07/03/2025 09:04

Ma Trump è fuori di senno o finta di esserlo? È un presidente americano che spinge fino all’estremo i larghi poteri che la Costituzione attribuisce all’inquilino della Casa Bianca per rilanciare un paese in crisi? O è un aspirante autocrate che della Costituzione farebbe volentieri a meno? Queste sono le domande che circolano in Italia. Che cosa ne pensino gli americani – che lo abbiano votano o meno – è difficile capirlo. In un paese abituato a sondaggi quotidiani su qualsiasi cosa, è un po’ che questi sondaggi latitano. Qualche protesta qua e là non basta per farsi un’opinione.

Che per carattere sia arrogante e provocatore è evidente. Che la spari grossa per poi trattare da una posizione di forza è certo. Che lo faccia nel nome dell’America first o nel nome di Trump first è un interrogativo senza risposta. Ed è per ora impossibile capire se sia convinto di poter ottenere tutto o se vuol solo far paura, non solo agli avversari, veri o presunti. Sarebbe tuttavia stupido prenderlo sottogamba. L’impressione è che lavori alla nascita di un nuovo ordine mondiale, naturalmente con gli USA a condurre il gioco. Per crearlo si è palesemente posto come primo obiettivo allontanare la Russia dalla Cina, che è il più potente antagonista sul piano commerciale. Lo è anche l’Europa. Ma l’Europa non è uno Stato. Per quanto possa dispiacere, è solo un agglomerato di Nazioni sovrane, economicamente potente, ma politicamente inconsistente. Lo ha dimostrato, per l’ennesima volta, il vertice di ieri a Bruxelles. Le conclusioni sull’Ucraina sono state approvato da 26 Stati membri e non a 27. Il premier ungherese Orban non le ha votate. Dunque restano parole al vento.
La Russia, dal canto suo, è una autocrazia in profonda crisi, sia economica sia militare. Quando, tre anni fa, Putin ha scatenato una guerra di conquista contro l’Ucraina, ha creduto di poter arrivare facilmente a Kiev, senza prevedere una immediata resistenza così elevata. Gli aiuti militari e finanziari americani ed europei non sarebbero serviti a nulla se l’armata russa avesse occupato la capitale, o almeno il porto Odessa, fondamentale per le esportazioni e le importazioni ucraine.

Non dimentichiamo che Putin aveva attribuito un ruolo importante ai mercenari della Wagner di Evgenij Prigožin, il cosiddetto “cuoco dello Zar”, per evitare arruolamenti che avrebbero preoccupato i cittadini. Mosca ha sottovalutato Kiev. Non solo la Wagner ha fallito. Ma, dopo aver ripetutamente criticato la gestione dello Stato Maggiore, è giunta a minacciare un colpo di Stato. Non dimentichiamo il 23 giugno 2023, quando Prigožin ha guidato i suoi mercenari,  prima conquistando Rostov  e poi marciando su Mosca. Convinto a deporre le armi e ad andare in esilio in Bielorussia, due mesi dopo, quadra il caso, muore in un incidente aereo mentre da Mosca si dirige a San Pietroburgo. Spedita in Africa, della Wagner non si parla più. Ora i russi usano i nordcoreani. La Russia questa guerra non l’ha vinta.

Può ancora vincerla, naturalmente. Grazie all’aiuto mascherato di Trump. Il sostegno finanziario europeo è stato fin qui pari a quello americano, anche se Trump sostiene e il contrario. Ma non lo è stato quello militare. L’abbandono di Kiev in diretta mondiale, nell’inquietante scontro nello Studio Ovale, con l’umiliazione di Zelensky, cambia tutto. Anche la posizione europea in relazione agli Stati Uniti. Zelensky ha gestito male l’incontro. È stato ingenuo. Subito dopo non poteva che adeguarsi, assicurando di essere pronto a lavorare per la pace sotto la guida di Trump, senza discutere più di tanto sull’accordo per le terre rare. Ma la pace di Trump e quella invocata da Kiev e dai grandi paesi europei non sono la stessa cosa.

Nella visione trumpiana del nuovo ordine mondiale pace significa che la Russia può tenersi tutti o quasi i territori occupati. “Non rinunceremo a ciò che è nostro”, chiarisce Putin. Non solo. Trump, che ha definito Zelensky dittatore, e ha ricevuto – senza successo – i suoi oppositori, non farebbe una piega se il Cremlino riuscisse – e non è impossibile – a manipolare future elezioni ucraine facendo vincere i suoi amici, trasformando l’Ucraina in uno Stato vassallo come la Bielorussia, governata dal 1994 – cioè da 41 anni – da Aljaksandr Lukašėnka. In fondo Putin è al potere solo dal 1999, appena 26 anni. Vuole la pace solo se è la “sua” pace. Definisce inaccettabile una tregua. E accusa il presidente francese Macron di voler imitare Napoleone, e la sua sconfitta del 1812. In fondo si propone – alla Trump – come apostolo della pace. Dal suo punto di vista ogni strategia è utile per ricreare l’impero sovietico, pezzo dopo pezzo. L’Europa cerca di mobilitarsi, al di là delle parole. Vedremo.

Qualcuno dovrebbe però ricordare a Trump che l’Unione Sovietica nel 1939 invase la Polonia e la Finlandia in accordo con Hitler, nel 1940 l’Estonia e la Lituania, nel 1956 l’Ungheria, nel 1968 la Cecoslovacchia, nel 1979 l’Afghanistan, nel 1994 e nel 1999 la Russia invade la Cecenia, nel 2008 la Georgia, nel 2014 e nel 2022 l’Ucraina. Ora punta sulla Moldavia. In più vorrebbe riavere l’Alaska. D’altra parte Trump vuole la Groenlandia. E chiama “governatore” il premier Trudeau, tanto per ricordare che il Canada lo immagina come futuro Stato USA.

Sembra che giochi a Monopoli, ma non è così. Trump aveva promesso di riprendersi il Canale di Panama. Si è facilmente accontento di convincere Panama a rompere il contratto con la società cinese che gestiva i porti di entrata del Canale e di sottoscriverne un altro con una società americana, della quale è socio l’armatore italiano Aponte. E su questo Trump aveva ragione. Il resto è, a dir poco, preoccupante. Il nuovo ordine mondiale non sembra prevedere un ruolo dell’Europa. Divisa, dubbiosa, come sempre. A cominciare dal sostegno all’Ucraina. Da come finirà, tra un vertice e l’altro, dipenderà il nostro futuro. Per ora “grande è la confusione sotto il cielo”, notava Mao Zedong. E aggiungeva: “quindi la situazione è eccellente!” Erano gli anni Sessanta. Quella “confusione” interna alla Cina gli consentì di fare il “balzo in avanti” con la “rivoluzione culturale”, 20 milioni di morti. Oggi la confusione rischia di decretare la morte dell’Occidente.

Nel frattempo confusione sembra emergere anche in casa Trump. In un vertice di governo il presidente avrebbe detto che “Musk ha il potere di fare raccomandazioni ai dipartimenti, ma non di emettere decisioni unilaterali su personale e politica”. Musk ripudiato? Forse. Ma alla Casa Bianca il vento cambia più volte al giorno.

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Ultimo Aggiornamento: 07/03/2025 11:41

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