
Sul corpo di Liliana Resinovich potrebbero essere presenti tracce di Dna riconducibili al suo assassino. Questa è una delle ipotesi avanzate dall’equipe guidata dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo nella perizia recentemente consegnata alla Procura di Trieste. Un elemento che potrebbe riaprire le indagini sulla misteriosa morte della donna, scomparsa il 14 dicembre 2021, in un caso inizialmente considerato un suicidio.
Le conclusioni dei periti mettono in discussione molte delle certezze finora acquisite, dalla presunta conservazione del cadavere in ambiente freddo fino all’ipotesi dell’autosoffocamento volontario. L’aspetto più rilevante per le indagini riguarda le possibili tracce genetiche che potrebbero rivelare l’identità del colpevole.
«Sono emersi — si legge nella perizia — elementi piliferi (dagli indumenti, dai sacchetti che avvolgevano il capo e dai peli pubici della vittima) per cui si suggeriscono approfondimenti genetici a mezzo di nuove tecnologie… nell’ottica della ricerca di terze persone coinvolte». Queste tracce potrebbero fornire risposte cruciali su chi abbia avuto un contatto con la vittima nelle sue ultime ore di vita.
Gli esperti escludono l’ipotesi di un incidente o di un gesto volontario. «Stante la configurazione della lesività traumatico-contusiva corporea — scrivono — e i molteplici poli di impatto su differenti piani e in posizioni tra loro asimmetriche, l’ipotesi che la produzione di tali complessi lesivi possa essere attribuita a un evento accidentale risulta tecnicamente non prospettabile». La conclusione è chiara: le ferite riscontrate sul corpo di Liliana sono compatibili con un’aggressione e non con un’autolesione.
Anche le cause del decesso rafforzano l’ipotesi di un omicidio. «Da ricondursi — si legge nella relazione — a un’asfissia meccanica esterna (tecnicamente soffocazione esterna diretta) contestuale, o immediatamente successiva all’applicazione di lesività di natura contusiva (afferramenti, urti, compressioni, pugni, graffi eccetera)…». Questo significa che Liliana sarebbe morta per soffocamento subito dopo essere stata colpita. Inoltre, il corpo non è mai stato spostato dal luogo del ritrovamento, avvenuto tre settimane dopo la scomparsa.
Mentre si attende la decisione della Procura, continuano le accuse tra i protagonisti della vicenda. Il fratello della vittima, Sergio Resinovich, punta il dito contro il cognato, Sebastiano Visintin. «Da subito — dichiara —, parlava di Liliana al passato, come se sapesse che era già morta. Comunque il movente non è passionale, ma economico. Sono stati trovati dei soldi in casa e penso che mia sorella sapesse come lui si procurava quel denaro».
Dal canto suo, Visintin si dice tranquillo, anche di fronte alla possibilità di un’indagine a suo carico. «Non mi crea alcun problema — afferma —, purché si indaghi a 360 gradi. Quindi su di me, su Sterpin e anche sui vicini di casa».