
Nelle ultime ore, il nome di Mario Draghi è tornato a riecheggiare con forza nei palazzi del potere europeo. L’ex presidente della Banca Centrale Europea e premier italiano sembra essere in cima alla lista dei candidati per guidare ReArm, il nuovo piano di riarmo europeo promosso con determinazione da Emmanuel Macron e formalizzato dalla Commissione UE sotto la leadership di Ursula von der Leyen. Un’ipotesi che, fino a qualche settimana fa, sembrava lontana, ma che ora sta acquisendo sempre più concretezza.
Segnali da Parigi, Berlino e Bruxelles
Il primo segnale è arrivato dalla Francia. Macron, in un’intervista, ha esplicitamente evocato il nome di Draghi proprio alla vigilia dell’annuncio di ReArm. Un richiamo che non è passato inosservato e che ha trovato sponda nella Commissione UE, dove la stessa von der Leyen ha presentato un piano che sembra ricalcare in gran parte il Rapporto Draghi redatto per la Commissione lo scorso anno. Un documento che avrebbe dovuto servire per rilanciare la competitività europea, ma che ora sembra essere diventato il fondamento teorico della nuova strategia di difesa dell’Unione.
Un altro segnale è arrivato dalla Germania. Friedrich Merz, leader della CDU e candidato in pectore alla cancelleria, ha richiamato il celebre “whatever it takes” di Draghi per giustificare un fondo straordinario destinato alla difesa, con possibili deroghe ai vincoli di bilancio tedeschi ed europei. Una svolta significativa, che lascia intendere la disponibilità di Berlino ad abbracciare un nuovo corso in materia di sicurezza e investimenti militari.
Draghi, l’uomo giusto per la difesa europea?
L’Europa si trova di fronte a una sfida senza precedenti: costruire una politica di difesa comune, superando decenni di divisioni e ritardi. Serve una figura autorevole, con credibilità internazionale e capacità di navigare tra gli equilibri complessi dell’Unione e della NATO. Chi meglio di Mario Draghi potrebbe incarnare questo ruolo?
Durante la pandemia e la crisi economica, Draghi ha dimostrato di saper affrontare dossier delicatissimi con pragmatismo e visione. La sua capacità di gestire situazioni emergenziali e la sua autorevolezza lo rendono il candidato ideale per guidare un progetto così ambizioso. Inoltre, la sua figura potrebbe risultare gradita anche oltre l’Atlantico: durante il suo mandato alla BCE, Donald Trump espresse stima nei suoi confronti, un dettaglio che potrebbe facilitare il dialogo con un’America sempre più impegnata a ridefinire i suoi equilibri internazionali.
Gli ostacoli e le incognite
Se l’ipotesi Draghi sta prendendo piede, restano tuttavia diverse incognite. La prima riguarda la stessa von der Leyen: affidare a Draghi un mandato così ampio significherebbe mettere in ombra la sua stessa leadership? La seconda è la posizione della Germania: accetterebbe Berlino una figura di così alto profilo a capo di un progetto di tale rilevanza strategica? Infine, la domanda più importante: Draghi sarebbe disposto a rientrare in gioco, dopo aver già declinato diverse proposte per ruoli istituzionali europei?
Per ora, il Consiglio Europeo ha dato solo un via libera preliminare al piano ReArm, senza definire chi sarà chiamato a guidarlo. Ma una cosa è certa: quando il nome di Mario Draghi inizia a circolare nei palazzi del potere, spesso non è per caso.