
Un errore nella diagnosi e, di conseguenza, nella terapia. Inoltre, sembra che non siano stati effettuati accertamenti preoperatori. Questa sarebbe la sequenza di fattori che avrebbe portato alla scomparsa di Michela Andretta, una giovane di 28 anni sottoposta il 3 maggio 2024 a un intervento chirurgico presso la clinica Fabia Mater per la rimozione di un angioma situato vicino all’orecchio sinistro. Questa è la ricostruzione fornita dai familiari della ragazza, rappresentati dagli avvocati Marina Colella e Vincenzo Comi.
I genitori della giovane si sono opposti alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura nei confronti dei tre indagati appartenenti all’equipe medica che ha eseguito l’operazione. Secondo il pubblico ministero, infatti, «non sia possibile dimostrare la sussistenza di comportamenti colposi dei medici (…) causalmente collegati alla morte». Tuttavia, il caso continua a sollevare numerosi interrogativi.
I legali della famiglia sostengono che siano stati commessi errori durante la gestione del caso. Nella richiesta di archiviazione sono riportati elementi interpretati in modo diverso dalle due parti. Il 3 maggio dello scorso anno, Michela Andretta è entrata nella clinica per sottoporsi alla rimozione dell’angioma, un intervento che aveva già affrontato in passato. Tuttavia, qualcosa è andato storto e il suo cuore ha smesso di battere. Perché?
Secondo la Procura e i familiari, si sarebbe verificata un’improvvisa complicazione. Entrambe le parti concordano sul fatto che i medici abbiano scambiato un tono vagale per un’embolia polmonare. Tuttavia, per i consulenti del pubblico ministero, «i medici contrastano il tragico evento in modo tempestivo». Di parere opposto gli avvocati Colella e Comi, secondo i quali l’errore diagnostico ha portato a un trattamento inadeguato: la somministrazione di eparina al posto di trombolitici.
Secondo il pubblico ministero, basandosi sulle valutazioni dei consulenti, «il trattamento con eparina è stato ininfluente rispetto al decesso e altrettanto ininfluente sarebbero stati i trombolitici». Inoltre, i legali della famiglia contestano che l’equipe medica, assistita dagli avvocati Cesare ed Eleonora Piraino, non avrebbe seguito le linee guida previste per la gestione dell’arresto cardiaco. La Procura, però, ribatte che «lo scostamento dalle raccomandazioni non è stato il fattore determinante (…) nell’evento».
Infine, emerge un’altra ipotesi: Michela potrebbe aver avuto un problema al miocardio, ritenuto «non ipotizzabile» secondo la Procura. I legali della famiglia sostengono, invece, che se fossero stati effettuati gli opportuni esami preoperatori, considerando anche un precedente incidente stradale della giovane, questa condizione sarebbe stata individuata. «Ancora adesso non sappiamo perché è morta Michela secondo la Procura», conclude l’avvocato Colella.