
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che un accordo sui minerali rari con l’Ucraina potrebbe essere raggiunto “nei prossimi due, tre giorni”. Tuttavia, il leader americano non ha fornito ulteriori dettagli, lasciando aperta l’interpretazione sulle sue parole. Non è chiaro se si tratti di un annuncio basato su trattative concrete o di un semplice auspicio.
Trump ha ribadito che l’Ucraina deve essere “seria” e impegnarsi nel perseguire la pace, sottolineando che Kiev “non ha le carte in mano”. Un’affermazione che sembra confermare la linea di pressione dell’amministrazione statunitense nei confronti del governo ucraino, in un contesto di negoziati che potrebbero avere implicazioni strategiche per il controllo delle risorse minerarie cruciali per la tecnologia e la difesa.
Messaggi di pressione su Zelensky
Queste dichiarazioni si inseriscono in una strategia ben precisa: esercitare pressioni costanti su Volodymyr Zelensky affinché segua la linea voluta dalla Casa Bianca. Da settimane Trump alterna segnali di apertura e minacce velate, spingendo Kiev a prendere decisioni in linea con gli interessi americani. L’accordo sui minerali rari, così come la revoca della sospensione dell’intelligence, sono strumenti di pressione che il presidente usa per condizionare il governo ucraino.
Possibile revoca della sospensione dell’intelligence a Kiev
Parallelamente, Trump ha aperto alla possibilità di revocare la sospensione della condivisione di intelligence con l’Ucraina, affermando che gli Stati Uniti sono “quasi” pronti a ripristinare il flusso di informazioni. La decisione riguarda l’accesso di Kiev ai dati di intelligence relativi alle operazioni offensive contro la Russia, un nodo centrale nella dinamica della guerra in corso.
Le dichiarazioni del presidente americano lasciano intendere un possibile cambiamento nella strategia di Washington nei confronti del conflitto, ma senza ancora confermare una svolta definitiva. Il quadro resta incerto, con l’equilibrio tra supporto a Kiev e pressione diplomatica che continua a essere un elemento chiave della politica estera statunitense.