
In Groenlandia, martedì 11 marzo si svolgeranno le elezioni per il nuovo parlamento nazionale. In passato, questo evento non ha avuto molta attenzione al di fuori della capitale Nuuk, e in parte anche a Copenaghen. Tuttavia, il voto di oggi acquista una rilevanza particolare, non solo per il Paese, ma anche per il contesto internazionale. La crescente attenzione è dovuta alle dichiarazioni del presidente americano Donald Trump riguardo al controllo della Groenlandia, un’isola strategica nell’Artico, ricca di risorse naturali, che potrebbero influenzare le scelte dei circa 41.000 elettori chiamati a scegliere i 31 membri del parlamento.
Trump ha ripetuto più volte di voler acquisire il controllo della Groenlandia “in un modo o nell’altro”, nonostante l’isola sia per lo più inospitale e coperta in gran parte da ghiaccio. “Come ho affermato nel mio discorso al Congresso, gli Stati Uniti sostengono fermamente il diritto del popolo groenlandese di decidere il proprio futuro”, ha scritto Trump su Truth Social a poche ore dal voto. “Siamo pronti a investire miliardi di dollari per creare posti di lavoro e arricchirli. E, se lo desiderano, li accoglieremo nella più grande nazione del mondo: gli Stati Uniti”, ha aggiunto.
Nel corso del suo primo mandato, Trump aveva presentato una proposta ufficiale alla Danimarca per acquistare la Groenlandia, sottolineando l’importanza strategica dell’isola, che ospita la base spaziale di Pituffik, gestita dagli Stati Uniti dal 1950. La risposta di Copenaghen e Nuuk era stata decisamente negativa: la premier danese, Mette Frederiksen, aveva definito l’idea di vendere la Groenlandia agli Stati Uniti “assurda”, ribadendo che l’isola non era in vendita. Frederiksen aveva poi affermato che la Groenlandia è una regione autonoma con il diritto di determinare il proprio futuro, e che la proposta di Trump non aveva alcuna base realistica.
Anche l’allora premier groenlandese, Kim Kielsen, aveva respinto fermamente l’idea, dichiarando che la Groenlandia non voleva essere ceduta a un’altra nazione e che avrebbe continuato a perseguire l’autonomia, con l’obiettivo di un giorno ottenere l’indipendenza dalla Danimarca. Questo episodio aveva provocato una crisi diplomatica tra Stati Uniti e Danimarca. Dopo il rifiuto, Trump aveva annullato una visita ufficiale a Copenaghen prevista per settembre 2019, definendo Frederiksen “sgradevole” per il modo in cui aveva respinto la proposta.
A sei anni di distanza, il sentimento tra i groenlandesi sembra non essere cambiato molto. Il premier Mute Egede ha espresso preoccupazione per “l’imprevedibilità” di Trump, affermando in un’intervista alla televisione pubblica danese che le sue dichiarazioni sull’isola stanno influenzando “diversi scenari globali”. Secondo Egede, la Groenlandia non guarda più agli Stati Uniti con lo stesso interesse di un tempo, proprio a causa della pressione esercitata dal presidente americano.
Egede, leader della coalizione indipendentista di sinistra al governo dal 2021, è il favorito per la riconferma, sebbene i sondaggi mostrino un calo nei suoi consensi. Il suo partito, Inuit Ataqatigiit, è previsto ottenere circa il 31% dei voti, con un distacco di nove punti dal suo alleato attuale, Siumut. Le rilevazioni indicano anche una crescita dei partiti di opposizione, tra cui i populisti centristi di Naleraq, favorevoli all’indipendenza ma anche a legami più stretti con Washington. Tra i candidati figurano anche influencer come Qupanuk Olsen, famosa per la sua serie su YouTube “Q’s Greenland”. In corsa ci sono anche i partiti unionisti, Demokratiit e Atassut.
Nel 2009, la popolazione groenlandese aveva votato a favore dell’autogoverno in un referendum, stabilendo un percorso verso l’indipendenza che oggi è tornato al centro del dibattito politico. Molti groenlandesi desiderano liberarsi dal controllo danese, che ancora gestisce settori cruciali come la politica monetaria, la difesa e gli affari esteri. Tuttavia, non è chiaro come e quando questa indipendenza possa concretizzarsi, considerando che Copenaghen finanzia oltre la metà del bilancio groenlandese, coprendo servizi essenziali come sanità, istruzione e occupazione.
I movimenti indipendentisti puntano sulle ricche risorse naturali dell’isola, come terre rare e giacimenti petroliferi, per finanziare un futuro Stato sovrano. Tuttavia, lo sviluppo di queste risorse richiede investimenti esteri, e la questione chiave riguarda le condizioni sotto le quali la Groenlandia dovrebbe stipulare accordi con potenze esterne. La piccola comunità groenlandese, composta da circa 56.000 abitanti, in maggioranza inuit, è profondamente legata alla natura, e il dibattito sul futuro dell’isola si concentra anche sulla sostenibilità di uno sfruttamento economico su larga scala.