
Il caso legato a Jannik Sinner, nonostante la chiusura ufficiale del procedimento per la positività al Clostebol, continua a generare dibattiti nel mondo del tennis. Dopo l’accordo tra il tennista italiano e la WADA, che ha portato a una squalifica di tre mesi, nuovi interrogativi sono emersi sull’intera gestione dell’affaire, in particolare sulla comunicazione e sulla trasparenza delle autorità antidoping.
A intervenire per fare chiarezza è stata la direttrice generale dell’ITIA (International Tennis Integrity Agency), Karen Moorhousen, che in un’intervista all’agenzia AFP ha risposto alle critiche sollevate da alcuni giocatori, tra cui Nick Kyrgios, che aveva lamentato opacità nella gestione dell’informazione.
“Regole rispettate, ma servono chiarimenti”
Secondo quanto dichiarato da Moorhousen, le polemiche sarebbero nate da una cattiva interpretazione del sistema vigente. “Molti hanno pensato che fossero stati annunciati dei test positivi, ma si trattava in realtà di sospensioni provvisorie, che sono soggette a regole precise e non sempre rese pubbliche”, ha spiegato.
Nel caso di Sinner, così come in altri analoghi, la sospensione temporanea non è stata comunicata ufficialmente poiché il tennista ha presentato ricorso entro i termini previsti, ottenendo una sospensione del provvedimento prima che potesse essere divulgato. “Se avessimo agito diversamente – ha aggiunto – avremmo infranto le nostre stesse norme. In ogni caso, è probabile che in futuro questa prassi venga rivista per garantire maggiore trasparenza”.
Nessuna responsabilità per lo staff
Un altro punto al centro del dibattito è la posizione di Giacomo Naldi e Umberto Ferrara, ex collaboratori dello staff di Sinner, considerati da alcuni come responsabili dell’introduzione involontaria della sostanza proibita. La direttrice dell’ITIA ha però precisato che non vi sono elementi per procedere contro di loro, né sul piano sportivo né su quello penale.
“Il nostro codice – ha spiegato – si basa sul principio dell’intenzionalità: per essere perseguibili, le violazioni devono dimostrare la volontà di doparsi. In questo caso, secondo anche i pareri legali acquisiti, non sussistono gli estremi per avviare un’azione disciplinare contro i membri dello staff. Non si è verificata una violazione formale del regolamento antidoping”.
Un dibattito che apre scenari futuri
Il caso Sinner, al di là della conclusione processuale, sta contribuendo ad aprire un confronto più ampio su come comunicare i casi di doping nel tennis e su quanto la trasparenza debba conciliarsi con il rispetto delle garanzie per gli atleti. L’ITIA stessa ha ammesso che una riforma delle regole attuali è sul tavolo, proprio per evitare fraintendimenti simili in futuro.
Nel frattempo, Sinner ha ripreso regolarmente l’attività agonistica, ma l’eco del caso resta forte nel circuito, segno che il dibattito sull’etica dello sport e la gestione della comunicazione è tutt’altro che chiuso.