
In sintesi: FdI, FI e una parte del Pd sono favorevoli al riarmo europeo, mentre l’altro segmento dei democratici, M5S, Avs e Lega si schierano contro. Sebbene non sia l’unico Paese con una divisione politica così marcata, l’Italia è tra i pochi dove la frattura coinvolge tanto le forze di maggioranza quanto quelle dell’opposizione. Questo scenario potrebbe riversarsi nelle prossime settimane nelle sedute della Camera e del Senato, dove la premier Giorgia Meloni dovrà esporre la posizione italiana in vista del Consiglio Europeo del 20-21 marzo. Già si prevede che la maggioranza si limiterà ad approvare le comunicazioni della premier senza aggiungere altre richieste.
A guidare il fronte contrario al riarmo europeo c’è il Movimento 5 Stelle, che ha superato anche la Lega di Matteo Salvini. Il leader Giuseppe Conte, insieme a una delegazione di parlamentari del M5S, è stato a Strasburgo per una protesta contro la risoluzione a favore del riarmo, suscitando l’interesse degli eurodeputati contrari al progetto. Tuttavia, non sono stati avviati contatti diretti con i parlamentari del Pd che si oppongono alla proposta, ma sono favorevoli alla linea del Pse.
In occasione della manifestazione di sabato a favore dell’Europa, i 5 Stelle non prenderanno parte, ma hanno già programmato una loro manifestazione il 5 aprile, invitando le associazioni e i cittadini a scendere in piazza contro il riarmo e a favore di investimenti in settori sociali come la sanità e l’istruzione. Conte ha ribadito la necessità di scelte chiare e ha escluso qualsiasi alleanza con il campo largo su questo tema.
Il 5 Stelle ha anche sfidato la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, promettendo di essere “durissimi” contro la sua linea. Nonostante ciò, oggi si prevede che la risoluzione favorevole al Libro bianco della difesa ottenga una solida maggioranza al Parlamento Europeo, con il supporto di Forza Italia e Fratelli d’Italia, così come di altri gruppi come il Partito Popolare e i Conservatori. In particolare, Fratelli d’Italia ha presentato due emendamenti: uno propone di cambiare il nome del progetto da “ReArm Europe” a “Defend Europe”, mentre l’altro punta a rafforzare la cooperazione transatlantica come garanzia di sicurezza per l’Ucraina e l’Europa, sostenendo anche l’idea di un vertice urgente tra Ue, Usa e altri partner per promuovere una pace giusta e duratura in Ucraina.
Il Pd, invece, vive una forte tensione interna. La delegazione italiana a Strasburgo, guidata da Nicola Zingaretti, ha cercato di evitare la spaccatura, ma la divisione resta evidente: l’ala riformista del partito è favorevole al “sì”, mentre quella più vicina a Elly Schlein si oppone. Tra i contrari si distinguono anche i due eurodeputati indipendenti, Marco Tarquinio e Cecilia Strada, decisi a mantenere il loro “no”, a prescindere dalle discussioni interne.
Il “no” del M5S si allinea con quello della Lega, creando un’alleanza tra le due forze politiche simile a quella del 2018. Salvini, pur essendo fermo nella sua posizione contro il riarmo, dovrà prendere una decisione sulla sua posizione da adottare in Parlamento la prossima settimana. Recentemente, dalla delegazione FdI sono arrivati richiami alla Lega affinché non scivoli nel “populismo” e si attenga alle “responsabilità di governo”. Tuttavia, non ci sono margini di mediazione in vista della votazione di oggi.
La maggioranza potrebbe comunque beneficiare della tregua tra Stati Uniti e Ucraina e dalla spinta di Trump per una maggiore autodeterminazione dell’Europa nella difesa. A complicare la situazione, però, ci sono anche le dichiarazioni del generale Roberto Vannacci, che critica il riarmo e l’approccio europeo, parlando di emergenze più urgenti, come la crescente crisi sociale in Europa e la minaccia alla democrazia in alcune nazioni.
I “Patrioti”, tra cui Le Pen, dovrebbero essere compatte nel loro rifiuto al riarmo, pur con alcune divergenze sulle politiche di Trump nei confronti dell’Ucraina.