
Il Partito Democratico è di nuovo in un caos di posizioni ambigue e di divisioni interne. A guidare il partito c’è Elly Schlein, ma la sua leadership appare sempre più fragile, incapace di rispondere alle sfide politiche e di tenere unita una piazza che sembra divisa più che mai.
Come evidenziato da Libero, la segretaria del Pd sembra più incline a concentrarsi su dettagli che a prendere le redini di una politica concreta e risolutiva. La sua visione politica sembra disconnessa dalla realtà, come se fosse intrappolata in una dimensione astratta, lontana dai veri problemi del Paese e del suo partito.
Le divisioni interne del Pd: una piazza sempre più frammentata
Nel contesto di un’Europa sempre più frammentata, la Schlein si è ritrovata a dover navigare in un mare agitato, dove le voci interne del Pd si scontrano, litigano e si annullano reciprocamente. Un disastro annunciato che l’ha costretta a rifugiarsi in una piazza: quella pro-Ue, lanciata da Michele Serra, editorialista di Repubblica.
Una “manifestazione eurolirica” che avrebbe dovuto rappresentare una bandiera unitaria per i progressisti. Ma, come spesso accade in casa Pd, la realtà è ben diversa. La piazza che avrebbe dovuto essere il segno di una compattezza ideologica si è rivelata, ben presto, un luogo di contraddizioni insanabili.
La divisione tra le correnti interne: pro-armi e anti-armi
Dopo pochi giorni, la divisione all’interno del Pd si è fatta evidente: pro-armi contro anti-armi, filo-Putin contro filo-Zelensky, e via dicendo. La manifestazione rischiava di trasformarsi in una babele, dove ogni gruppo si sentiva autorizzato a portare la propria visione e a esprimere la propria frustrazione.
Il pericolo di un flop era reale. A questo punto, Michele Serra è intervenuto con la sua solita astuzia. E se unificare le posizioni del partito sembrava impossibile, allora il suo obiettivo è stato quello di cercare di tenere insieme tutto e il contrario di tutto, creando una piazza che potesse ospitare, in qualche modo, tutte le voci discordanti.

La trovata di Michele Serra: salvare la piazza con una “dialettica contraddittoria”
Il trucco è semplice: trasformare la manifestazione in un terreno di “dialettica” e “contraddizione“. Così, la piazza dovrebbe diventare il palcoscenico per ogni sfumatura progressista, con il placet di Serra che, nella sua solita modalità “ingenua”, ha dichiarato che “una piazza europea non può che essere dialettica, perfino contraddittoria“.
Ma non basta. Serra ha trovato il colpo da maestro: per cementare l’unità, serviva un nemico comune, un bersaglio da colpire. E così, ecco l’ennesima trovata: l’invettiva rivolta a Elon Musk, visto ormai come il nuovo “nemico pubblico” della sinistra. Quindi la piazza cambia slogan: anziché pro-Ue, visti anche i molteplici problemi di Bruxelles, si schiererà unita “contro Elon Musk“.
L’unica soluzione per l’unità: il nemico comune
La furbizia di Serra è evidente: per tenere insieme una piazza che si sgretola, ha fatto di tutto per creare un nemico esterno, il solito “cattivo” su cui focalizzare l’attenzione. Ma dietro questa manovra si nasconde, purtroppo, la cruda realtà: il Pd è un partito incapace di proporre un’alternativa politica credibile. Si cerca di nascondere il nulla con parole e slogan, ma il vuoto rimane.
La “furbata” che non salva il Pd
Elly Schlein, travolta dalla tempesta, ha trovato rifugio nelle parole di Serra. Ma questa furbata non salverà il partito, né riuscirà a tenere unita una piazza ormai disillusa. La politica del Pd sembra ridursi a giochi di parole e alla ricerca di capri espiatori, anziché a soluzioni concrete. E la manifestazione, invece di essere un momento di unione e di proposta, rischia di trasformarsi nel simbolo di un partito incapace di ritrovare una sua identità.