Segregata, torturata, umiliata e poi uccisa. È la tragica storia di Marzia Capezzuti, la 29enne originaria di Milano, il cui corpo fu ritrovato senza vita in un casolare a Pontecagnano, in provincia di Salerno, mesi dopo la sua scomparsa.
Il calvario di Marzia era cominciato nel 2017, quando si trasferì in Campania per seguire l’amore per Alessandro, conosciuto online. Poco dopo, però, l’uomo morì per overdose e la giovane rimase a vivere con i parenti del fidanzato. Quella che sembrava una sistemazione temporanea si trasformò in un incubo.
Secondo quanto emerso durante il processo in corso, Maria Barbara Vacchiano e il marito Damiano Noschese l’avrebbero segregata in casa per anni, approfittando della sua pensione di invalidità. Le accuse parlano di un contesto di violenze continue: Marzia sarebbe stata costretta a mangiare e dormire per terra, picchiata, privata della libertà e vittima di umiliazioni quotidiane. Terribili le testimonianze riportate dall’avvocata Stefania De Martino, operatrice di un centro antiviolenza, che aveva segnalato più volte la situazione alle autorità, senza esito.
La morte della giovane, avvenuta l’8 marzo 2022, nel giorno del suo compleanno, ha scosso l’opinione pubblica. Il Comune di Pontecagnano Faiano si è costituito parte civile, ma il padre di Marzia, intervenuto in collegamento con Chi l’ha visto?, ha espresso amarezza: “Oggi tutti piangono, ma mia figlia poteva essere salvata”.
Un caso che riporta drammaticamente l’attenzione sull’urgenza di una rete di protezione più efficace per le persone fragili e vulnerabili.