
Una nuova perizia sul corpo di Liliana Resinovich apre un’importante svolta nelle indagini, smentendo definitivamente l’ipotesi del suicidio. Secondo la relazione redatta dalla dottoressa Cattaneo, la morte della donna sarebbe stata causata da soffocamento per mano di terzi.
Nonostante questo passo avanti, il caso resta lontano dalla risoluzione. Gli inquirenti sono alla ricerca di un possibile assassino, con l’attenzione focalizzata su alcuni campioni di DNA prelevati sia dal corpo di Liliana che dai sacchi di plastica in cui era stata avvolta. Elementi chiave nelle indagini sono i peli rinvenuti sul pube della vittima, il guanto da giardinaggio trovato vicino al cadavere e altri reperti, sui quali sono in corso analisi approfondite.
L’ex commissario di Polizia Celeste Bruno, che segue il caso, sottolinea la complessità delle indagini:
«Il DNA è fondamentale, ma va interpretato nel contesto giusto. Non sempre il ritrovamento di tracce genetiche porta automaticamente all’identificazione di un colpevole».
Gli indagati e l’ipotesi della terza persona
Tra le persone già sotto la lente degli investigatori ci sono il marito della vittima, Sebastiano Visintin, e l’amico Claudio Sterpin, con cui Liliana aveva un rapporto speciale. Tuttavia, il DNA potrebbe rivelare un’altra verità:
«Se le analisi mostrassero una corrispondenza con uno di loro, sarebbe un passo importante, ma se emergesse un profilo genetico sconosciuto, potremmo essere di fronte a una terza persona ancora ignota», spiega Bruno.
L’ex commissario ipotizza che Liliana si fosse recata volontariamente nel boschetto dell’ex Opp per incontrare qualcuno:
«Il corpo non è mai stato spostato, quindi è plausibile che la donna sia arrivata sul posto con le proprie gambe. Resta da capire chi avrebbe potuto volerle dare appuntamento in un luogo così appartato».
Secondo questa ricostruzione, è improbabile che il marito avesse motivo di organizzare un incontro in un bosco per ucciderla, mentre Sterpin conosceva la zona, ma avrebbe dovuto incontrare Liliana a casa.
«Potrebbe esserci stato un cambio di programma, ma non abbiamo certezze», aggiunge Bruno, lasciando aperta l’ipotesi di un coinvolgimento di una terza persona.
Il DNA sarà la chiave per risolvere il caso?
Il DNA può offrire indizi cruciali, ma non è una prova assoluta senza un quadro logico che lo supporti. Se, ad esempio, i peli pubici ritrovati appartenessero a Visintin, questo potrebbe essere compatibile con la loro relazione coniugale. Tuttavia, se lui negasse di aver avuto rapporti con Liliana per molto tempo, la scoperta diventerebbe più sospetta.
Più significativo è il discorso legato al guanto da giardinaggio, trovato sulla scena del crimine con tracce compatibili con i sacchi in cui era avvolto il corpo:
«Se il DNA sul guanto corrispondesse a uno dei sospettati, quella sarebbe una prova schiacciante», afferma Bruno.
Le indagini proseguono, con la necessità di contestualizzare le prove scientifiche in un’analisi più ampia sulla vita e i segreti della vittima.