
Andrea Prospero, uno studente al primo anno di informatica all’Università di Perugia, è stato trovato morto per suicidio nella camera affittata, nonostante vivesse in un ostello. La tragedia, avvenuta il 29 gennaio, ha visto coinvolto un giovane romano di diciotto anni, attualmente agli arresti domiciliari con l’accusa di istigazione al suicidio.
Andrea aveva conosciuto questo ragazzo solo online, tramite un nickname, rivelandogli le sue preoccupazioni e le sue ansie legate alla vita universitaria e manifestando il desiderio di togliersi la vita. Sul web, aveva anche interagito con un altro coetaneo campano, indagato per avergli fornito un farmaco oppiaceo che ha contribuito alla sua morte, con l’accusa di cessione di stupefacenti.
Questa è la ricostruzione fornita dall’indagine della Procura di Perugia, che ha coordinato le attività della polizia postale e della squadra mobile. Gli investigatori hanno sottolineato che si tratta solo del primo passo nell’inchiesta, poiché ci sono ancora diversi aspetti da chiarire, come il contratto di affitto della camera, di cui i familiari non erano a conoscenza, e il ritrovamento di 46 schede SIM, cinque telefoni cellulari e un computer portatile nella stanza, beni che non sembrano compatibili con la vita di uno studente e le sue condizioni economiche.
Michele, il padre di Andrea, ha espresso i suoi dubbi sulla versione ufficiale dell’accaduto, suggerendo che potrebbe trattarsi di omicidio. Ha esortato a lasciare che la Procura conduca le indagini in modo sereno, convinto che emergeranno ulteriori dettagli. Anche l’avvocato del caso ha confermato che le indagini sono ancora in corso e che ci sono aspetti da chiarire.
Un altro punto cruciale riguarda l’origine dei farmaci oppiacei trovati nella stanza di Andrea, inclusi vari blister, alcuni dei quali vuoti. Il giovane era descritto come tranquillo e senza problemi evidenti, ma era molto riservato riguardo alla sua vita privata, pur mantenendo contatti con diversi individui online. In particolare, aveva chiesto aiuto a un “amico virtuale” riguardo al modo migliore e meno doloroso per suicidarsi, ricevendo incoraggiamenti a procedere.
Nel gennaio scorso, Andrea aveva iniziato a pianificare il suo gesto estremo, cercando informazioni su ChatGpt riguardo alla quantità di medicinali letali. Il pensiero di farla finita lo assillava da settembre. In una conversazione su Telegram, il giovane gli suggeriva di portare con sé una corda e uno sgabello, mentre Andrea rispondeva di considerare l’uso di una pistola. Il 19enne, ora in arresto, lo rassicurava sugli effetti degli oppiacei, affermando che avrebbero potuto portargli piacere invece di sofferenza.
Il 24 gennaio, Andrea era riuscito a procurarsi il farmaco da un altro utente della chat e aveva inviato le foto delle pillole in chat. Durante quella conversazione, però, ebbe un ripensamento e confessò di non avere la forza di portare a termine il gesto, chiedendo ulteriore incoraggiamento. Invece di dissuaderlo, il giovane lo spronava a procedere, esortandolo a ingerire tutte le pasticche e a bere vino per accelerare la morte. Quando Andrea ormai aveva assunto i medicinali, un altro utente entrò nella conversazione, esprimendo preoccupazione, ma il 19enne minimizzava la situazione.
Le autorità hanno ritenuto che il giovane non avesse esitato a sostenere e incoraggiare l’intento suicida di Andrea, utilizzando un linguaggio sia duro che persuasivo per convincerlo a compiere il gesto finale. Questi elementi hanno portato alla decisione di disporre gli arresti domiciliari per il ragazzo.