
Dopo quasi tre ore di conversazione, si è conclusa la telefonata tra il presidente statunitense Donald Trump e il leader russo Vladimir Putin. L’incontro telefonico, iniziato intorno alle 10:00 (ora di Washington), ha visto i due capi di Stato discutere di temi rilevanti per le relazioni internazionali e la sicurezza globale. La durata insolita della conversazione ha attirato l’attenzione di analisti e osservatori politici, curiosi di comprendere i dettagli del confronto tra i due leader.
Cnn: «Per le fonti russe la telefonata tra Trump e Putin è andata molto bene» La telefonata tra Trump e Putin è andata «molto bene»: lo ha riferito la chief international correspondent della Cnn Clarissa Ward citando fonti russe.
Putin ha informato Trump di uno scambio di 175 prigionieri per parte con l’Ucraina a suo dire in programma domani: lo riferisce il Cremlino, citato dalla Tass.
Vladimir Putin, inoltre, “ha risposto positivamente all’idea di una rinuncia reciproca delle parti in conflitto agli attacchi alle infrastrutture energetiche per 30 giorni e ha dato ordine all’esercito russo di attuare questa proposta”.
Vladimir Putin ha inoltre posto una conditio sine qua non: se si vuole un cessate il fuoco, si deve fermare la mobilitazione ucraina e l’invio di armi a Kiev.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che le forze armate ucraine continuano a combattere nella regione russa di Kursk e che la loro presenza lì proseguirà “fino a quando sarà necessario”. Questo annuncio arriva dopo alcuni giorni di significative avanzate da parte delle truppe russe nell’area.
“L’Ucraina sta svolgendo il suo compito nella regione di Kursk. I militari ucraini sono lì e ci resteranno finché avremo bisogno di questa operazione”, ha affermato Zelensky, sottolineando la determinazione del suo esercito a mantenere la posizione strategica.
La risposta dell’ufficio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky alla telefonata tra Donald Trump e Vladimir Putin ha lasciato poco spazio all’ottimismo. Dopo l’annuncio del colloquio tra i due leader, i rappresentanti ucraini hanno espresso una certa cautela, evidenziando che “per ora aspettiamo i dettagli dalla parte americana, ma al momento abbiamo gli Shahed e la minaccia missilistica nel nostro Paese, quindi gli accordi non funzionano ancora”. Questo commento, riportato da Rbc Ukraina, mette in luce come la situazione sul campo rimanga estremamente critica, nonostante i tentativi diplomatici.

L’ufficio di Zelensky ha sottolineato che l’idea di una tregua nei cieli e nei mari era stata inizialmente proposta proprio dall’Ucraina, con l’obiettivo di limitare i danni e proteggere i civili dai bombardamenti incessanti. Tuttavia, è stata la parte americana, probabilmente sotto l’influenza di Trump, a spingere per un cessate il fuoco totale, un accordo più ampio e complesso. “Quindi ora sono stati gli stessi russi a respingerlo, il che significa che hanno bisogno di una guerra” — ha dichiarato un portavoce, evidenziando l’atteggiamento ambiguo di Mosca, che sembra voler mantenere una posizione di forza senza reali aperture al dialogo.
Il contesto in cui questa risposta arriva è particolarmente delicato: mentre la comunità internazionale osserva con attenzione gli sviluppi diplomatici, sul terreno continuano gli attacchi missilistici e l’uso dei droni Shahed, forniti dall’Iran alla Russia, che colpiscono infrastrutture critiche e obiettivi civili. La posizione ucraina appare chiara: qualsiasi proposta di pace deve essere concreta e rispettosa della sovranità del Paese, e non può essere una semplice manovra per guadagnare tempo o consolidare vantaggi strategici.
La reazione dell’ufficio di Zelensky evidenzia una crescente frustrazione verso le ambiguità della diplomazia internazionale e la percezione che, nonostante gli sforzi di mediazione, Mosca non sia realmente intenzionata a fermare il conflitto. In questo quadro, l’incertezza sull’esito dei negoziati e il timore di un’escalation continuano a pesare gravemente sulla popolazione ucraina, che si trova a vivere ogni giorno sotto la minaccia degli attacchi.