
Si vuole scansare l’immagine di un governo diviso, ma è stato proprio il ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani, dopo giorni di tentennamenti, ad alzare i toni: «Se il governo italiano fosse anti-europeista noi non staremmo un minuto in più al governo, questo deve essere chiaro. Non cediamo di un millimetro, senza Ue non si va da nessuna parte, la demagogia fa male all’Italia». Parole che sono arrivate come una doccia fredda a Matteo Salvini, che si sta preparando al congresso della Lega che lo incoronerà di nuovo segretario del Carroccio. E qualcuno parla già di «guerra tra vicepremier». Tensioni interne, che mettono in allarme la presidente del Consiglio, che non esclude un vertice tra i leader da svolgersi nei prossimi giorni.
Il comportamento di Matteo Salvini avrebbe irritato fortemente la premier Giorgia Meloni, che non si aspettava però di dover fronteggiare anche l’inattesa prova di muscoli del mite segretario di Forza Italia. A far storcere il naso a Tajani soprattutto la telefonata di venerdì del vicepremier leghista con l’omologo americano J.D. Vance, che precede un incontro tra i due a Washington. Ma c’è di più: la famiglia Berlusconi pure starebbe mal sopportando l’atteggiamento di Salvini e la deriva che ha preso l’esecutivo di centrodestra. Marina, in primis, non avrebbe gradito le ultime mosse di Giorgia Meloni. E sarebbe stata lei a spingere Tajani a farsi sentire.
Del resto i Berlusconi fanno affari in diversi settori economici: «Sanno bene», riferisce una fonte vicina alla famiglia all’«Huffington Post», «che senza Europa le cose si metterebbero male anche per le loro aziende». A Marina e Pier Silvio Berlusconi la «nuova» versione di Giorgia non andrebbe proprio a genio. La premier si sarebbe lasciata abbagliare dalla rielezione di Donald Trump. Anzi, per la primogenita di Silvio, il ritorno del tycoon alla Casa Bianca avrebbe fatto venir voglia alla Meloni di ritirare fuori dall’armadio gli «abiti» di un tempo: non dimentichiamoci che nel 2014 la leader di Fratelli di Italia professava l’uscita dall’euro e criticava con ferocia ogni decisione presa a Bruxelles. La buonanima del Cavaliere «era amico di Putin, ci andava assieme in Dacia, ma mai e poi mai per questa ragione ha picconato l’Unione europea», riferisce un’altra fonte. Qualche esponente di Forza Italia ha ricordato pure che il fondatore ha faticato per far ammettere gli azzurri nel Partito popolare europeo (Ppe): «Il dottore era un europeista convinto, un liberale a tutto tondo». Comprensibile quindi la stizza di Tajani, come pure le preoccupazioni dei Berlusconi.
L’attenzione è massima: Salvini sembra voler rubare il mestiere al leader di Forza Italia e il suo gioco, giorno dopo giorno, sta diventando sempre più dannoso per la tenuta dell’attuale esecutivo. Il segretario del Carroccio prende le distanze dall’Ucraina, insulta Emmanuel Macron, boccia il piano per la difesa della presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen e fa telefonate discutibili, come quella al vicepresidente americano, di cui parlavamo in apertura. La paura è che alla fine Giorgia Meloni possa diventare «l’Orban del Mediterraneo», come ha spiegato un esponente forzista, allineandosi con Trump, che guarda all’Unione Europea come il toro ad una tovaglia rossa. Il tycoon ha dimostrato, specie nelle ultime settimane, di avere una scarsa considerazione dell’Ue, tant’è che sta cercando di tagliare fuori il vecchio continente da ogni trattativa che riguardi Russia e Ucraina. «L’Italia non è l’Ungheria: è uno dei Paesi fondatori e ha un peso cento volte maggiore. Dunque, sarebbe un dramma se davvero Meloni volesse mettere in crisi l’Unione. Per fermarla sarebbe necessaria la crisi…», sussurra sempre la stessa fonte all’«Huffington Post».
Ma è davvero possibile una crisi di governo in questa fase? La sinistra la evoca, per la leader del Partito Democratico Elly Schlein l’esecutivo non sta in piedi. In seno a Forza Italia ci sono due anime: da un lato c’è chi ritiene folle un possibile ritorno alle urne ora, anche perché significherebbe andare alle elezioni fuori dal centrodestra, nemici di Meloni e Salvini; dall’altro c’è chi vorrebbe approfittare proprio di questo strappo. «Se la campagna elettorale si trasformasse in un plebiscito pro o contro l’Ue, potremmo tornare oltre il 20, perfino arrivare al 30%», l’azzardo di un forzista. E, intendiamoci, a Tajani, come pure alla famiglia Berlusconi, non ha tanto colpito il discorso della premier sul Manifesto di Ventotene, ma la scelta di non sostenere gli sforzi del francese Macron, del tedesco Merz e del britannico Starmer, che si stanno spendendo per la creazione di una difesa comune europea. Un rifiuto netto che avvicina ancor di più Giorgia a Donald Trump e che allontana la Meloni dall’Europa.