
Dopo le mucche, anche le pecore. Il Regno Unito ha registrato il primo caso al mondo di influenza aviaria in un ovino: si tratta di una pecora di un gregge dello Yorkshire, il cui latte è risultato positivo al virus H5N1 ad alta patogenicità. Questo implica che il virus che circola attualmente in Europa, pur non avendo infettato i bovini, si è invece rivelato compatibile con gli ovini.
La scoperta non è certo rassicurante, dato che non esistono sistemi di sorveglianza per questa specie, se non per il latte destinato al consumo umano. La pecora è stata abbattuta immediatamente per prevenire il rischio di contagio, e al momento non sono stati riscontrati altri casi nel gregge. Tuttavia, gli esperti avvertono che l’assenza di monitoraggi specifici sugli ovini potrebbe nascondere una diffusione più ampia del virus.
Un salto di specie inquietante
Il virus H5N1 è noto per la sua instabilità e rapida evoluzione. Negli Stati Uniti, dove l’influenza aviaria ha colpito anche il bestiame, sono stati registrati casi di infezione tra le mucche da latte, con risultati positivi riscontrati nel latte crudo. L’individuazione del virus in un nuovo ospite come le pecore preoccupa gli scienziati, poiché potrebbe favorire ulteriori mutazioni del patogeno, aumentando il rischio di trasmissione ai mammiferi, compreso l’uomo.

Le parole di Bassetti
Il dottor Matteo Bassetti, direttore del reparto Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, commenta: «L’aviaria è un virus molto astuto che ha avuto decenni per adattarsi e mutare. È conosciuto da oltre 25 anni e ha sviluppato una straordinaria capacità di cambiamento. Più del Covid, è capace di passare da una specie all’altra con velocità: pollo, mucca, gatto e ora anche pecora nel Regno Unito. Non esiste specie che non sia stata toccata, compreso l’uomo, anche se il passaggio interumano non si è ancora verificato. Ma presto accadrà, e dovremmo essere pronti. La scoperta nelle pecore del Regno Unito, purtroppo, non è un segnale positivo. Nonostante ciò, non dobbiamo entrare nel panico, soprattutto perché questo fenomeno non riguarda l’Italia. Speriamo che, se si verificasse un contagio tra umani, avvenga il più tardi possibile, per darci il tempo di sviluppare nuovi trattamenti e vaccini».
Il caso in Cambogia e i rischi per i più giovani
Nel frattempo, in Cambogia, un bambino di 3 anni è morto a causa dell’influenza aviaria. Il piccolo era stato ricoverato con febbre alta, tosse e difficoltà respiratorie, ma non è riuscito a sopravvivere nonostante gli interventi medici. Le indagini hanno indicato che il bambino potrebbe aver contratto il virus dal pollame domestico, con cinque galline della sua famiglia morte con sintomi simili. Questo decesso si aggiunge ad altri due casi fatali registrati nel paese dall’inizio dell’anno. I dati mostrano che, pur essendo l’aviaria spesso una forma lieve negli esseri umani, i bambini e le persone con un sistema immunitario compromesso sono i più vulnerabili a sviluppare forme gravi, con il rischio di decesso.
Misure preventive e monitoraggio
Il Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali del Regno Unito ha rafforzato i controlli sugli allevamenti e ha esortato gli agricoltori ad adottare misure di biosicurezza per ridurre il rischio di nuovi focolai. Negli Stati Uniti, le autorità sanitarie stanno cercando di contenere la diffusione del virus tra gli animali da allevamento. Sebbene non ci siano evidenze che il virus H5N1 si trasmetta facilmente da persona a persona, ogni nuovo caso negli animali rappresenta una possibilità di mutazione che potrebbe facilitare tale trasmissione. Christine Middlemiss, responsabile veterinario del Regno Unito, ha invitato gli allevatori a mantenere elevati standard di biosicurezza, monitorando attentamente la salute degli animali e segnalando tempestivamente eventuali segni di infezione. Alcuni esperti ritengono che anche una sola mutazione potrebbe rendere il virus più facilmente trasmissibile tra gli esseri umani, un rischio che potrebbe scatenare una nuova emergenza sanitaria globale.