
Il 15 marzo, mentre gli Stati Uniti bombardavano gli Houthi in Yemen, Jeffrey Goldberg, direttore dell’Atlantic, era già a conoscenza dell’operazione dalle 11:44 del mattino. La notizia di come Goldberg fosse stato incluso in una chat riservata con i vertici dell’intelligence, ministri e il vicepresidente USA, dove venivano discussi i dettagli dei «piani di guerra», ha scatenato uno scandalo. Per questo motivo, il giornalista ha deciso di rispondere a una serie di domande sul sito dell’Atlantic, per fare chiarezza sulla vicenda.
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Goldberg ha dichiarato alla CNN che Pete Hegseth, capo del Pentagono, ha mentito nel negare che i messaggi contenessero «piani di guerra», spiegando che nella chat venivano indicati dettagli cruciali come i tempi, i bersagli e le modalità degli attacchi. Il direttore dell’Atlantic ha spiegato di non aver divulgato l’intero contenuto della chat per motivi di sicurezza, poiché alcune informazioni potrebbero mettere a rischio il personale militare statunitense. Tuttavia, ha dichiarato di stare valutando se rivelare tutto, consapevole della gravità della fuga di notizie e del fatto che la responsabilità di un errore non è sua.

Il caso ha inizio l’11 marzo, quando Goldberg si trovava in Austria e ricevette un invito a entrare in una chat su Signal, una piattaforma di messaggistica criptata, creata dal consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz. «Mi era capitato in passato di ricevere leak, ma questo era diverso: sembrava un flusso di informazioni inaspettato e senza precedenti, come se nessun governo avesse pensato che un giornalista dovesse avere accesso a tali dettagli», racconta Goldberg, visibilmente stupito. La situazione era particolarmente paradossale per lui, considerando le sue passate critiche alla Casa Bianca, che non lo apprezza.
Inizialmente, Goldberg pensò che qualcuno stesse fingendo di essere Waltz, ma man mano che leggevano le conversazioni, divenne sempre più convinto della loro autenticità. I toni della chat, la scrittura di Hegseth in maiuscolo, le espressioni semi-isolazioniste del vicepresidente JD Vance, e l’uso di emoji per esultare dopo i raid, gli sembravano troppo realistici per essere falsificati. L’elemento che lo convinse definitivamente della veridicità della chat fu la conferma, il 15 marzo, che gli Stati Uniti stavano effettivamente bombardando lo Yemen.
A quel punto, Goldberg decise di uscire dalla chat, preoccupato per le implicazioni legali, e capì che la notizia doveva essere riportata. La domanda che sorge è: come è stato possibile che una conversazione tanto sensibile fosse gestita in modo così negligente? Secondo Goldberg, l’approssimazione è da attribuire al fatto che il fine settimana stava per iniziare e i membri del governo erano intenti a gestire le crisi in Medio Oriente. La chat, creata su Signal, un’app di messaggistica criptata ma commerciale, è stata probabilmente vista come una soluzione veloce, ma è anche facilmente accessibile a chiunque. «Si può aggiungere per errore chiunque, da un miliziano Houthi a un diplomatico iraniano. È spaventoso», commenta il giornalista.
Goldberg solleva anche interrogativi sulle ragioni dietro l’uso di Signal, suggerendo che la scelta della piattaforma potrebbe essere dovuta alla sua natura effimera: i messaggi scompaiono rapidamente. Tuttavia, secondo lui, un’app che cancella i messaggi non dovrebbe essere la scelta per conversazioni di questa portata, che dovrebbero essere archiviate per garantire trasparenza storica. Nonostante la delicata situazione, Goldberg non sembra temere ritorsioni dalla Casa Bianca. «Oggi, nelle aziende e nelle istituzioni, c’è una tendenza a obbedire senza riflettere», conclude, «ma noi dobbiamo fare il nostro lavoro».