
La Russia ha emesso sentenze di condanna per 23 prigionieri ucraini, accusandoli di terrorismo. Tra gli imputati figurano 14 membri o ex membri della brigata d’élite Azov, designata dalla Russia come gruppo terroristico, e 10 civili, di cui 9 donne e un uomo, che lavoravano come cuochi o personale di supporto. Le pene variano da 13 a 23 anni di carcere. L’organizzazione Memorial ha definito questi prigionieri come “prigionieri politici”, sottolineando la natura contestata di queste condanne. La vicenda arriva mentre la Russia intensifica le sue operazioni militari: nella notte ha lanciato un attacco con droni al porto di Mykolaiv, cruciale per l’accesso dell’Ucraina al Mar Nero, e ha colpito anche Kryvyi Rih.
Nel contesto di una crescente tensione, ieri gli Stati Uniti hanno raggiunto accordi separati con la Russia e l’Ucraina per sospendere gli attacchi sul Mar Nero e contro gli obiettivi energetici di ciascuna parte, sebbene non siano ancora chiari i dettagli su quando e come questi accordi entreranno in vigore. In risposta a questa iniziativa, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha dichiarato che l’Ucraina accetterà un cessate il fuoco che vieti attacchi alle infrastrutture energetiche, come stabilito dagli Stati Uniti durante i negoziati in Arabia Saudita.
Tuttavia, Zelenskyy ha avvertito che la Russia dovrà affrontare “forti rappresaglie” se dovesse colpire nuovamente le strutture energetiche ucraine. L’accordo, volto a favorire una tregua più ampia di 30 giorni, non ha però fermato le ostilità, e la Casa Bianca ha confermato che entrambe le parti hanno concordato di garantire la navigazione sicura nel Mar Nero. Tuttavia, Mosca ha posto una condizione: la revoca delle sanzioni sul suo settore agricolo, una proposta che Zelenskyy ha definito “manipolatoria”.