
Questa mattina, nel cortile dell’Eliseo, sfileranno i 31 leader della coalizione dei volenterosi per l’Ucraina, una piattaforma diplomatica voluta dal presidente francese Emmanuel Macron e dal premier britannico Keir Starmer. Un vertice strategico che vede la partecipazione della premier italiana Giorgia Meloni, giunta a Parigi con una posizione che punta alla coesione del governo e alla stabilità della linea italiana sulla crisi ucraina.
L’incontro a Palazzo Chigi: Salvini sotto pressione
Alla vigilia del summit, Meloni ha convocato un vertice a Palazzo Chigi con i vicepremier Antonio Tajani (in collegamento dal Friuli Venezia Giulia) e Matteo Salvini, insieme al ministro della Difesa Guido Crosetto. L’obiettivo era duplice:
- Ribadire la linea italiana: pieno sostegno all’Ucraina nel quadro euroatlantico, ma nessuna partecipazione diretta di truppe italiane sul terreno.
- Ricompattare la maggioranza, in particolare contenere le fughe in avanti di Salvini, che nelle ultime settimane ha lanciato attacchi contro Macron e von der Leyen, ha duramente criticato il piano di riarmo europeo Readiness 2030 e ha moltiplicato i segnali di vicinanza a Donald Trump.
In un momento di forti tensioni internazionali, la premier ha voluto ribadire che “i panni sporchi si lavano in famiglia”, evitando di alimentare divisioni che potrebbero indebolire la posizione italiana in Europa.

La strategia italiana: nessuna forza militare sul campo
Se la sostanza della posizione italiana resta invariata – piena adesione alla linea NATO e nessun intervento diretto con l’invio di truppe – la novità è che per la prima volta Palazzo Chigi mette nero su bianco che non è prevista alcuna partecipazione nazionale a una missione militare in Ucraina.
Questa precisazione ha una duplice valenza:
- Smorzare le tensioni interne, evitando che Salvini possa sfruttare il tema per polemiche politiche.
- Mandare un segnale a Macron, il cui attivismo nel dossier ucraino è visto con sospetto dall’Italia, soprattutto sul possibile invio di truppe in missione di interposizione.
Meloni punta su un’opzione alternativa: coinvolgere le Nazioni Unite per garantire e attuare un eventuale cessate il fuoco. Una mossa che complica i piani di Francia e Regno Unito, i quali puntano invece a costruire una missione sotto il loro diretto controllo, senza passare per un mandato Onu.
Difesa europea e il ruolo italiano: tra pragmatismo e diplomazia
Alla riunione di Palazzo Chigi hanno partecipato anche alti funzionari della difesa e diplomatici, segno che l’incontro non è stato solo politico ma anche operativo. Sul tavolo si sono valutate soluzioni alternative alla presenza di soldati italiani sul terreno, tra cui:
- Un rafforzamento dell’addestramento delle forze ucraine, sotto il cappello della NATO.
- Una maggiore presenza militare lungo il confine orientale dell’Alleanza, dalla frontiera finlandese con la Russia (1.340 km) alla Baltic Defense Line di Estonia, Lettonia e Lituania, fino a Polonia e Romania.

Un punto resta fermo: l’Italia non ha intenzione di accettare forzature da parte di Parigi e Londra, e continua a spingere per una soluzione condivisa con Washington e Bruxelles.
L’unità del governo in bilico?
Nonostante l’impegno per un fronte compatto, le tensioni interne alla maggioranza restano. Palazzo Chigi ribadisce una “salda convergenza” tra i leader della coalizione, ma il messaggio di Meloni è chiaro: la politica estera non può essere terreno di scontro interno, né un’arma per posizionamenti elettorali.
A Parigi, la premier si presenta con una linea definita: le decisioni passano da Roma, non da Bruxelles o Parigi. Resta da vedere se Macron e Starmer accetteranno di frenare le loro ambizioni o se il vertice segnerà un nuovo fronte di tensione in Europa.