
Durante il processo per l’omicidio di Sofia Stefani, è emerso che Giampiero Gualandi, l’ex comandante della Polizia Locale di Anzola Emilia, non avrebbe dovuto avere con sé l’arma di ordinanza con cui ha ucciso la collega. Lo ha confermato oggi in aula Silvia Fiorini, attuale comandante del corpo di polizia locale.
“Non poteva essere armato”
Testimoniando davanti alla Corte d’Assise di Bologna, Fiorini ha spiegato:
“Dal primo gennaio 2024 Gualandi era responsabile dell’ufficio contenzioso, un servizio interno. Chi svolge servizi interni non deve essere armato, lui non poteva portare l’arma”.
Questa dichiarazione contraddice la versione dell’imputato, secondo cui avrebbe avuto la pistola con sé per pulirla e che il colpo mortale sarebbe partito accidentalmente durante una lite con la 33enne Sofia Stefani, la donna con cui aveva una relazione extraconiugale.
Un gesto volontario?
La testimonianza della comandante rafforza la tesi dell’accusa, secondo cui l’omicidio sarebbe stato premeditato. La pm Lucia Russo contesta a Gualandi il reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dal legame affettivo con la vittima.
“Era assegnatario di un’arma, ma non la poteva portare. Andava solo a fare esercitazioni al poligono programmate. Non l’ho mai visto maneggiare o pulire l’arma in ufficio, né lui né nessun collega l’hanno mai fatto”, ha aggiunto Fiorini.
Un clima teso in caserma
La testimone ha inoltre raccontato un ambiente lavorativo difficile:
“Con Gualandi non c’erano rapporti distesi. Il suo atteggiamento era strumentalmente ostruzionistico. Ogni cosa che dicevo o scrivevo diventava motivo di chiarimenti, lamentele e contestazioni. Parliamo di centinaia di email e decine di lettere”.
Dichiarazioni che dipingono un quadro teso e complicato, mentre il processo prosegue per chiarire ogni aspetto di questa tragica vicenda.