Vai al contenuto

Sopravvivenza e inganni: la logica di “Squid Game” applicata alla politica italiana

Pubblicato: 31/03/2025 19:05

Se Squid Game ha affascinato il mondo con la crudezza delle sue immagini (ai limiti dello splatter) e la riflessione sulle disuguaglianze sociali, cosa succederebbe se applicassimo la stessa logica della serie tv sudcoreana alla politica italiana? Non sarebbe forse nient’altro che un gioco, in cui in ballo non c’è solamente la vita del singolo, ma il futuro di una nazione intrappolata in un sistema che sembra premiare la sopravvivenza a qualunque costo, dove le alleanze paiono strumentali e i principi spesso mere parole vuote. Immaginate un’arena politica, dove i partecipanti lottano per mantenere la propria posizione e si affrontano in molteplici sfide. La politica sembra essere diventata questo: una gara senza esclusione di colpi per restare nel gioco, magari per conservare una poltrona. Le vere competizioni non sembrano essere più sulla qualità dei programmi, ma sulla capacità di conquistare consenso, sull’abilità di sapersi vendere come la soluzione a problemi che mai sono stati seriamente affrontati.

La prima sfida in questo Squid Game politico è ottenere la fiducia popolare. Il gioco del “Un, due, tre… stella!” nella serie scritta, diretta e ideata da Hwang Dong-hyuk, punisce chi si muove al momento sbagliato (ai sensori di cui è dotata l’angosciante bambola gigante nulla sfugge) e lo stesso accade nella politica italiana. I leader avanzano con slogan accattivanti, si fermano quando conviene e riprendono il cammino solo quando sentono di avere il vento a favore. Chi non si è mai sentito tradito da una promessa elettorale?

Anche il gioco del biscotto Dalgona ci è utile: nella serie tv basta una crepa per condannare un giocatore e in politica, dove l’immagine è tutto, non è tanto diverso. Un errore di comunicazione, una dichiarazione fuori posto e il fragile consenso costruito si sgretola. A Squid Game, il tiro alla fune dimostra invece che non vince il più forte, ma chi sa giocare meglio di squadra. In politica, le alleanze si formano e si disfano con la stessa logica: coalizioni che nascono per convenienza e non per visioni realmente condivise. Non importa se fino a ieri si era avversari. La stabilità è un’illusione e chi si fida troppo di un’alleanza rischia di precipitare. Mai appoggiarsi troppo a qualcuno, perché se quello si sposta si cade. 

Proprio come il Ponte di Vetro della serie con protagonista l’antieroe Seong Gi-hun, anche l’ambiente politico è un percorso dove ogni passo può rivelarsi fatale. Le coalizioni sembrano stabili, resistenti, ma sotto i piedi dei leader si nascondono lastre fragili, pronte a rompersi facilmente. Ogni governo (non soltanto italiano in realtà) attraversa questo ponte con il fiato sospeso, ignaro del futuro. Tuttavia, non è questo il lato più drammatico: uno dei momenti più tragici di Squid Game è il gioco delle biglie, dove il buon Ali viene tradito da Sang-woo, che sfrutta la sua fiducia per ingannarlo. Un’immagine che riflette alla perfezione ciò che sovente accade nella politica italiana: chi entra con buone intenzioni, cercando di risollevare il sistema con competenza e serietà, spesso finisce per essere affondato. È il caso di Mario Draghi, economista stimato a livello internazionale, chiamato a risolvere l’emergenza Covid, ma ben presto tradito dalle stesse forze politiche che lo avevano sostenuto. Come Ali, l’economista non ha terminato il suo mandato a Palazzo Chigi e non per incapacità. La sua uscita di scena non è stata una sconfitta personale, ma la dimostrazione che chi gioca con integrità, in questo sistema, viene prima o poi eliminato. 

Chi ha visto Squid Game sa infatti che il gioco premia chi sa manipolare la situazione a proprio vantaggio. E come nella serie, c’è un pubblico che assiste: il cittadino-spettatore, disilluso, che oscilla tra voglia di ribellarsi e rassegnazione. Non c’è da stupirsi dunque che la gente erroneamente ritenga inutile recarsi alle urne. Del resto il disagio economico e sociale è alla base dell’astensionismo alle elezioni. Chi vince? Al gioco del Calamaro il premio è illusorio e nella politica italiana la situazione non è così dissimile. Ahinoi, il vero vincitore è chi riesce a restare in partita, anche a costo di perpetuare un sistema che, invece di cambiare, si rigenera continuamente. Qualcuno ricorderà le parole usate da Draghi al Senato il 17 febbraio del 2021: «Il tempo del potere può essere sprecato anche nella sola preoccupazione di conservarlo». La vera domanda dunque oggi è: cosa rimane dopo che la partita è finita? Alla fine della prima stagione, Gi-hun vuole dare un nuovo scopo alla propria vita e decide così di non partire per trovare la figlia negli Stati Uniti, intenzionato a smascherare i responsabili del gioco. Non soltanto tanta amarezza, ma indignazione, quello sdegno che spinge l’uomo a lottare per tentare di cambiare ciò che non gli piace.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure