
La difesa di Alessandro Impagnatiello, condannato all’ergastolo in primo grado per l’omicidio della compagna Giulia Tramontano, incinta di sette mesi, è al lavoro sul ricorso in appello, che verrà depositato entro le prossime settimane, in anticipo rispetto alla scadenza ufficiale.
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Durante l’arringa finale del processo di primo grado, le avvocatesse Giulia Geradini e Samantha Barbaglia avevano messo in discussione il ritratto fornito dall’accusa, che ha descritto Impagnatiello come un freddo pianificatore. Secondo le legali, la sua condotta dopo il delitto del 27 maggio 2023, avvenuto a Senago, nel Milanese, è stata “grossolana” e incompatibile con l’immagine di uno stratega calcolatore.
Le difensore contestano in particolare il riconoscimento delle aggravanti della premeditazione e della crudeltà, che secondo loro dovrebbero essere escluse. Tesi rigettata però dalla Corte d’Assise di Milano, che nelle motivazioni della sentenza, depositate a febbraio, ha parlato di un piano omicida coltivato per “quasi sei mesi”.
Nel documento si legge infatti che Impagnatiello ha ucciso Giulia dopo che quest’ultima aveva incontrato la donna con cui lui intratteneva una relazione parallela. Il delitto è stato compiuto con 37 coltellate, undici delle quali inferte mentre la vittima era “ancora viva”. Per i giudici, Giulia ha avuto la tragica consapevolezza, seppur per pochi istanti, che insieme a lei stava morendo anche il figlio che portava in grembo.
La difesa punta ora a rivedere l’impianto accusatorio sul quale si è basata la condanna all’ergastolo, tentando di ridimensionare il movente e l’intento omicida, nella speranza di un possibile alleggerimento della pena in secondo grado.