Vai al contenuto
Ultim'ora

“Ora può operarsi”, ma l’operaio dell’ex Ilva era già morto da un anno. La telefonata alla vedova

Pubblicato: 02/04/2025 17:37
operaio morto può operarsi

L’11 settembre 2001, mentre il mondo assisteva attonito all’attacco alle Torri Gemelle, Antonio S. iniziava a lavorare nell’ex Ilva di Taranto. Un segno del destino, almeno per Cristina, sua moglie, oggi vedova. Dopo oltre vent’anni di lavoro nel siderurgico, tra Afo 2 e i parchi minerari, Antonio è morto il 6 febbraio 2024 a soli 45 anni, stroncato da un linfoma non Hodgkin a cellule T. Un tumore raro, scoperto con mesi di ritardo a causa delle inefficienze del sistema sanitario.
Leggi anche: Verona, terribile incidente sul lavoro: scoppia l’incendio, morto un operaio

Un’attesa infinita e una chiamata beffarda

Dopo due anni in lista d’attesa, pochi giorni fa la prima struttura sanitaria a cui si erano rivolti ha finalmente telefonato per confermare un intervento. “È uno scherzo?”, ha chiesto Cristina, incredula. “L’intervento ora non serve più”, ha aggiunto, ricevendo come risposta: “L’importante è che ha risolto”. “Sì, abbiamo risolto bene: mio marito è morto un anno fa”.

Dalla diagnosi tardiva al dramma familiare

Cristina, 35 anni, ora sola con due figli di 9 e 5 anni, ripercorre il calvario medico di Antonio. Tutto inizia nel giugno 2022, quando il marito lamenta bruciori di stomaco. Il medico di base, senza visitarlo, gli prescrive fermenti lattici. “Ti devi sposare, sei solo nervoso”, gli dice in dialetto tarantino. Il matrimonio si celebra il 23 settembre 2022, ma la cura maschera i sintomi e ritarda la diagnosi.

A gennaio 2023 Antonio peggiora visibilmente: perde peso, ha dolori lancinanti e non riesce più a mangiare. Dopo una prima visita privata, un’ecografia rileva un ispessimento intestinale di cinque centimetri. Seguono una TAC con contrasto e l’incontro con un chirurgo, che però lo rimanda a un ematologo dell’ospedale Moscati di Taranto. Qui scoprono che la biopsia non era mai stata effettuata e senza di essa non si può avviare alcuna terapia.

Il labirinto della burocrazia sanitaria

A causa della posizione del tumore, non è possibile effettuare il prelievo con ago. Serve un intervento chirurgico che arriva solo al Santissima Annunziata, dove finalmente Antonio viene operato e il tumore diagnosticato con precisione. La chemioterapia ha inizio, ma ormai è troppo tardi. Il 6 febbraio 2024, Antonio muore. Un anno dopo, la telefonata assurda della struttura sanitaria, seguita poi da un’altra: quella del direttore della Asl di Taranto, Gregorio Colacicco, che ha promesso un’indagine interna per chiarire le responsabilità.

Una denuncia per tutti

“Alcuni medici hanno fatto il loro dovere in modo eccellente, come il reparto di chirurgia del Santissima Annunziata e l’ematologia del Moscati, in particolare il dottor Cervellera e la dottoressa Specchia. Ma non tutti si sono comportati così”, denuncia Cristina.

Quello che più pesa, però, è la consapevolezza che il percorso vissuto da Antonio non è un caso isolato. “Non è normale che per curare un tumore si debba aspettare una vita o avere soldi da parte, altrimenti il tempo scorre e si rischia di morire. Noi avevamo qualche risparmio, ma non è giusto che sia così”. Antonio era un padre esemplare. “Voleva vivere per i suoi figli“, dice Cristina, con la voce rotta dall’emozione. Poi si ricompone e conclude: “Spero che tutto questo serva almeno agli altri, per evitare che succeda ancora“.

Continua a leggere su TheSocialPost.it

Hai scelto di non accettare i cookie

Tuttavia, la pubblicità mirata è un modo per sostenere il lavoro della nostra redazione, che si impegna a fornirvi ogni giorno informazioni di qualità. Accettando i cookie, sarai in grado di accedere ai contenuti e alle funzioni gratuite offerte dal nostro sito.

oppure