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Confindustria l’allarme Pil: l’ombra dei dazi sul futuro dell’economia italiana

Pubblicato: 03/04/2025 11:02

Confindustria taglia le previsioni di crescita del Pil italiano, confermando i timori per l’effetto delle politiche di Trump. Ed è un colpo pesante: per ora la previsione è che il 2025 porterà una crescita modesta dello 0,6% (in netto calo rispetto al +0,9% previsto in precedente), mentre per il 2026 si prevede un Pil che potrebbe crescere solo dell’1%. Ma potrebbe andare anche molto peggio.

L’impatto dei dazi sul settore produttivo

L’incertezza globale, legata in gran parte all’inasprimento delle politiche protezionistiche, rischia di frenare ancor di più l’economia europea. Secondo le stime del CsC, l’introduzione di nuovi dazi sui prodotti importati dall’Europa, fino al 25% da parte degli Usa e al 60% dalla Cina, avrebbe un impatto devastante sul nostro Paese.

Per l’Italia, infatti, che esporta annualmente 626 miliardi di euro di prodotti, con un saldo positivo di 100 miliardi, i dazi potrebbero causare una riduzione di 0,4 punti percentuali del Pil nel 2025, e di 0,6 punti nel 2026. Una crescita che potrebbe scendere a livelli minimi, con un incremento del Pil che non andrebbe oltre lo 0,2% nel 2025 e lo 0,4% l’anno successivo.

Confindustria, allarme rosso

“I dazi rappresentano un colpo durissimo per le nostre imprese”, ha sottolineato Emanuele Orsini, presidente di Confindustria. Il leader degli industriali, però, ha lasciato una porta aperta alla speranza: “L’Europa deve essere unita per negoziare con gli Stati Uniti e con la Cina, possiamo ancora fare qualcosa per evitare il peggio”.

La necessità di un intervento straordinario da parte delle istituzioni è diventata, quindi, un imperativo: per Orsini è fondamentale che l’Italia e l’Europa agiscano tempestivamente con politiche di sostegno agli investimenti. “Oggi serve coraggio“, ha aggiunto, “è il momento di trovare tutte le risorse possibili, anche se ciò significa sforare temporaneamente il debito pubblico”.

Investimenti, energia e fuga delle imprese

Il piano per il futuro dell’industria italiana non può prescindere da investimenti strategici che riguardino in primis il settore energetico. Confindustria ha evidenziato come la continua crescita dei costi energetici stia aggravando la situazione delle imprese italiane, già messe a dura prova da un contesto internazionale sfavorevole.

Se non si interverrà drasticamente sui costi e si favoriranno gli investimenti in settori ad alto valore aggiunto, l’Italia rischia un declino inevitabile del suo settore industriale, che tra il 2022 e il 2024 ha registrato un calo produttivo dell’8,2%.

A confermare lo stato di emergenza, le parole di Marco Tronchetti Provera, vicepresidente esecutivo di Pirelli, che ha annunciato l’intenzione di trasferire una parte della produzione negli Stati Uniti. L’azienda ha già avviato discussioni ad Atlanta per incrementare la sua capacità produttiva in un mercato che rappresenta circa il 40% del segmento high-value globale. Un segnale preoccupante per l’Italia.

Le prospettive future: molte ombre sull’economia

Il Rapporto di previsione di primavera del CsC sottolinea che l’occupazione, pur in crescita, non risolleverà il settore secondario, che continua a registrare segnali di debolezza. Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 6,3% nel 2025 e al 5,8% nel 2026, ma la creazione di posti di lavoro riguarderà principalmente i settori dei servizi e non l’industria, per la quale sono previsti ulteriori cali.

Le aziende italiane si trovano di fronte a una scelta difficile: restare in Italia, dove i costi aumentano e le incertezze politiche non mancano, o migrare in Paesi più favorevoli dal punto di vista fiscale e produttivo, come gli Stati Uniti. Una situazione che, senza un piano di investimenti concreto, rischia di compromettere ulteriormente il futuro dell’industria e del sistema economico italiano.

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