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Dazi di Trump: cosa c’è scritto nella tabella e perché i calcoli sono sbagliati

Pubblicato: 03/04/2025 13:42
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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha lanciato un attacco commerciale globale il 2 aprile 2025, annunciando l’introduzione di dazi reciproci contro tutti i Paesi del mondo. Durante un discorso nel Giardino delle Rose della Casa Bianca, Trump ha presentato una tabella che illustra i dazi applicati a ciascuna nazione, descrivendo il piano come una misura per favorire il mercato interno degli Stati Uniti e creare nuovi posti di lavoro.
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Le nuove tariffe: una risposta alle politiche internazionali

Secondo quanto dichiarato dal presidente, i dazi sarebbero entrati in vigore immediatamente, ma la Casa Bianca ha successivamente precisato che le nuove tariffe sarebbero state implementate tra il 5 e il 9 aprile 2025. In particolare, il 5 aprile alle 6, ora italiana, entreranno in vigore dazi del 10%, mentre il 9 aprile, sempre alle 6, sarà la volta delle tariffe superiori al 10% applicate a beni importati da Paesi come Cina e Unione Europea. Trump ha promesso che queste politiche porteranno gli Stati Uniti a un’“età d’oro”, ma quanto ci sia di vero in questa affermazione è oggetto di discussione.

Il calcolo dei dazi: la metà delle tariffe subite dagli Usa

Il criterio scelto dall’amministrazione Trump per determinare le tariffe è semplice: i dazi imposti dagli Stati Uniti sono pari alla metà di quelli che i Paesi esportatori applicano agli Stati Uniti. Di conseguenza, la Cina si trova in cima alla lista, con tariffe del 67%, e sarà colpita con una tariffa del 34%. All’Unione Europea, accusata da Trump di proteggere eccessivamente la propria produzione, saranno imposti dazi del 20%, in risposta a tariffe del 39% imposte dagli europei.

Altri Paesi colpiti includono Taiwan (32%), Giappone (24%), India (26%), Corea del Sud (25%) e Svizzera (31%). Il Regno Unito, invece, vedrà un aumento delle tariffe pari al 10%, in linea con quelle applicate dai Paesi alle merci statunitensi.

Il caso del Vietnam: un esempio emblematico

Uno dei Paesi maggiormente colpiti dai dazi è il Vietnam, con tariffe che raggiungono il 46%. Il Vietnam, che ha un surplus commerciale con gli Stati Uniti di 123,5 miliardi di dollari, è diventato un hub produttivo per marchi come Nike e Adidas. Queste aziende, fortemente legate alla produzione vietnamita, potrebbero trovarsi costrette ad assorbire aumenti dei costi e, di conseguenza, a trasferirli sui consumatori statunitensi.

Questo caso dimostra una delle possibili conseguenze delle politiche commerciali di Trump: un aumento dei costi per i consumatori americani, che potrebbe riguardare anche altri settori, come quello delle lavatrici.

Le imprecisioni nelle argomentazioni di Trump

Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, però, molte delle argomentazioni di Trump, sebbene accattivanti per il suo elettorato, si basano su dati imprecisi. Ad esempio, quando afferma che l’Unione Europea impone dazi sulle merci statunitensi del 39%, Trump commette un errore, poiché la media effettiva è attorno al 2,7%. Inoltre, l’affermazione che l’IVA sia un “dazio” è anch’essa fuorviante: l’IVA è un’imposta che grava sui beni consumati all’interno di un Paese, senza fare distinzioni sulla provenienza del prodotto, e non ha l’obiettivo di limitare le importazioni.

Conclusioni: le politiche protezionistiche di Trump

Le nuove misure commerciali annunciate da Trump sembrano essere un tentativo di favorire l’industria nazionale a discapito degli altri Paesi. Tuttavia, le conseguenze di tali scelte potrebbero rivelarsi complesse, con potenziali aumenti dei costi per i consumatori americani e distorsioni nei mercati globali. L’efficacia di questa “guerra commerciale” dipenderà dalla capacità degli Stati Uniti di bilanciare la protezione delle proprie industrie con le esigenze dei consumatori e dei partner commerciali internazionali.

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Ultimo Aggiornamento: 03/04/2025 14:35

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