
STRASBURGO – Un altro scivolone diplomatico per il governo italiano, che davanti al voto sulla difesa comune europea si presenta diviso in tre. Alla relazione annuale del Parlamento Ue, Forza Italia ha detto sì, la Lega ha votato no e Fratelli d’Italia ha scelto di astenersi. Il risultato? Una nuova spaccatura, questa volta su un tema cruciale come la politica estera e la sicurezza dell’Unione.
Il documento è stato approvato con 399 voti favorevoli, tra cui i gruppi del Ppe, del Pse, dei liberali di Renew e parte dei verdi. A opporsi, 198 deputati, inclusi salviniani, M5S, SI, e alcuni dissidenti italiani come Marco Tarquinio, Cecilia Strada, Ignazio Marino e Leoluca Orlando. I 71 astenuti includono l’intera delegazione di FdI, che siede tra i conservatori di Ecr.
Il voto ha rivelato una linea frammentata nella coalizione di governo. Antonio Tajani, ministro degli Esteri e leader di FI, ha cercato di minimizzare: «È normale, apparteniamo a famiglie politiche diverse». Ma l’opposizione attacca duramente. «A Roma non esiste più una maggioranza», affonda Nicola Zingaretti, mentre Francesco Boccia denuncia: «Il governo ha tre posizioni diverse su un tema strategico».
Il Partito Democratico, pur spaccato internamente sull’emendamento che sosteneva esplicitamente il piano Rearm-EU, ha votato compatto a favore della relazione finale. Ma il dissenso non è mancato: Pina Picierno, Giorgio Gori ed Elisabetta Gualmini si sono schierati a favore del riarmo europeo, provocando la reazione del Nazareno, che ha ribadito la linea ufficiale del partito.
Anche Giuseppe Conte (M5S) cavalca l’opposizione al piano Rearm: «Una follia dietro l’altra. Hanno infilato un Welcome al riarmo. Noi abbiamo votato contro. Il 5 aprile tutti in piazza a Roma». Un appello che potrebbe coinvolgere anche la segretaria del Pd, Elly Schlein, tentata di partecipare per non lasciare campo libero a Conte.
Dietro le tattiche politiche, resta però un punto fermo: l’Italia, di fronte a un’Europa che punta a rafforzare la propria autonomia strategica, appare ancora una volta incapace di parlare con una voce sola. Un’incertezza che pesa, soprattutto quando la partita si gioca su sicurezza, difesa e credibilità internazionale.